tag:blogger.com,1999:blog-73121856037301674172024-03-13T01:51:14.921+01:00CCD - Ciccioni Contro la DiscriminazioneIl blog HAES italiano per la pari dignità sociale delle diversità ponderaliPaolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.comBlogger306125tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-47119201144010423912017-02-03T17:16:00.001+01:002017-02-03T17:16:18.777+01:00Che fare? L'identità va rispettataMi è arrivata una lettera in questi giorni molto interessante a cui ho risposto, pubblico qui di seguito una sintesi cambiando i riferimenti per motivi di privacy ma che credo possa interessare chi dovesse capitare su questo blog.<blockquote>Buonasera Sig. DeAndreis,<br />
ho trovato il suo sito con la seguente chiave di ricerca <em>qualcuno che affronti l’obesità in modo diverso</em> e questo dovrebbe già farle comprendere quale è la natura del consiglio che le chiedo.<br />
Ho un amico abbondante che ora ha esagerato e deve dimagrire, il suo respiro è divenuto affannoso per colpa del peso. Non soffre di altre patologie. E' una persona lucida consapevole ed intelligente che ha incontrato numerosi nutrizionisti in passato, gente che ha sempre considerato la sua condizione come quella di un malato, mentre per lui il cibo è un piacere. Cucina molto bene, è un vero appassionato. Ma vive in un mondo pieno di pregiudizi, secondo cui chi è grasso vive fuori dalla realtà o non ha una sua volontà, tutto il contrario del mio amico, e spesso lo considera un minus habens.<br />
La mia domanda è: esiste un centro, un nutrizionista, che abbia un approccio che parta dal rispetto dell'umanità dei propri pazienti? A.S.</blockquote>Di seguito la mia risposta:<br />
<br />
Salve,<br />
vorrei tanto avere un indirizzario di persone utili a chi mi scrive, e mentre spero che ci siano medici (o dintorni) in grado di dare una mano, anche io ho purtroppo ripetutamente cozzato con il mondo che ben descrivi nella tua lettera.<br />
<br />
La storia che mi hai raccontato è quella di tanti di noi, noi uomini ciccioni, e se è difficile per gli uomini puoi immaginare cosa sia per le donne, viviamo in un mondo che va al contrario su tutti i fronti e quindi anche su questo, incapaci come siamo di amare.<br />
<br />
Se posso, azzardo qualche consiglio che ad alcuni può essere utile. <br />
Anzitutto l'obesità: nessuno sa cosa sia. Esistono evidenze di una impronta genetica, relazioni con la fauna batterica personale, interruttori proteici nel nostro sistema nervoso (che spingono alle dipendenze) e poi, sì, anche un modello sociale disfunzionale che si intreccia con la ricompensa chimica del piacere alimentare. Ognuno di noi può essere portatore di uno o più di questi ed altri fattori. <br />
<br />
Non solo dunque non è una malattia ma è una condizione la cui complessità è la complessità della nostra identità. L'obeso è obeso fuori e dentro ed è destinato a rimanerlo fino a quando la sua identità coinciderà con la sua obesità. Stanti chimica e genetica contrarie, l'obeso che perde peso è un individuo che ad un certo punto della sua vita matura una diversa identità. Non si tratta di volontà ma di vita.<br />
<br />
Chi fa una dieta, e dopo anni finalmente anche i media italiani iniziano ad accorgersene, entro due anni dalla perdita di peso riacquisisce tutti i chili persi e spesso ne aggiunge altri: non è un luogo comune, riguarda l'85% di chi si mette a dieta.<br />
Le ragioni per cui ciò accade sono molteplici ma il grosso sta nell'identità e nella sua complessità. Non basta perdere chili per maturare una nuova identità.<br />
<br />
Chi ama la persona obesa ne può vedere le difficoltà e soffrire dei suoi problemi, ma la parte più difficile è accettare una scelta identitaria che non possiamo capire, perché l'identità è una complessità che sfugge persino al suo portatore, che tocca il rapporto con se stessi, con l'intimità e la sessualità, col caldo e col freddo, con gli altri ecc. <br />
L'obeso può non voler essere obeso ma incarna una identità che tra le molte altre cose è anche obesa.<br />
<br />
<b>Che fare?</b><br />
L'approccio HAES, quello più evoluto e che anni fa ho voluto raccontare su questo blog, punta a rimuovere per quanto possibile le pressioni sociali dalla psicologia formativa dell'identità, perché attribuisce una buona fetta della voracità ad una reazione sociale. Risolte le pressioni sociali ne consegue una ritrovata attività fisica e un più equilibrato rapporto col mondo e quindi anche col cibo.<br />
Ma questa "soluzione" vale solo per alcuni individui. Ci sono persone - e forse anche il tuo amico da come ne parli - che sono fondamentalmente in pace con se stesse ma non per questo son meno voraci, che magari persino amano la ciccia ("grasso è brutto" è per fortuna un mantra non universale): nel loro caso le diete non possono funzionare e l approccio HAES è pressoché inutile.<br />
<br />
<b>Cosa rimane?</b><br />
Rimane l'ampio spazio delle scelte individuali, che comprendono - e può non piacerci a noi che amiamo gli altri - anche scelte identitarie insalubri. Vista la temporalità dell'esistenza e la complessità di cui parlavo, elementi che riguardano tutti e non solo i ciccioni, sono scelte che dall'esterno possiamo solo rispettare. Di obesi anziani ce ne sono pochi e noi ciccioni lo sappiamo benissimo (mediamente un obeso ha una aspettativa di vita di 12-15 anni inferiore ai normopeso), che qualcuno ce lo ricordi è una sorta di ossessione contemporanea, ci è davvero difficile non giudicare il prossimo (che equivale al dire: "non posso conoscere la tua complessità ma la giudico lo stesso", un approccio da capre molto diffuso).<br />
<br />
A volte noi cicci dimagriamo in modo traumatico dinanzi ad una qualche patologia che ci costringe a semplificare quella complessità ma di rado usciamo felici risolti o sani da quella trasformazione, <b>a volte rischiamo persino di perderci per lo scollamento tra nuovo stato fisico e identità</b>. Prova a parlare con supercicci che hanno perso peso con la chirurgia (quelli che non ci muoiono, almeno), scoprirai che si tratta spesso di individui che non sanno più bene cosa sono ed è quello che accadrebbe se esistesse un pillolone capace di trasformare tutti in normopeso. La parte più evidente dell'obesità, la forma fisica, non è detto che sia quella più significativa.<br />
<br />
Come persona che tiene ad un individuo <b>ciccione</b> (che non è una parolaccia né un insulto se viene dal cuore) so anch'io quanto è facile struggersi, eppure c'è pochissimo che si possa fare dall'esterno.<br />
<b>Non esiste la soluzione all'obesità per il semplice fatto che non è una malattia ma una condizione, come nascere coi capelli biondi o rossi.</b> L'individuo ha la possibilità di contrastare le difficoltà con l'esercizio fisico (io mi son trasferito in campagna anche per quello, per dire), di approvvigionarsi di cibo più sano, di cercare altri piaceri per diluire il focus sul cibo. Dall'esterno potremmo auspicare questa scelta, potremmo persino desiderarla, ma in fin dei conti non possiamo farla nostra perché è sua.<br />
<br />
<b>Il pillolone non esiste</b><br />
Insomma A.S. vorrei avere un pillolone per aiutare il tuo amico - questo blog è nato dalla tenerezza e amore profondo che provo per noi incompresi ciccioni - ma, anche esistesse, nella stragrande maggioranza dei casi non sarebbe utile o potrebbe rivelarsi deleterio.<br />
Se vorrà può tentare, comunque, l'approccio nutrizionistico corredato da supporto psicologico: queste due cose insieme sono sempre più spesso uno standard nei centri obesità. Se chiedi alla Asl del tuo amico sicuramente ti sapranno indicare il "centro obesità" di riferimento. Possiamo solo sperare, se il tuo amico ci andrà, che questo approccio più ampio e complesso non si risolva nell'ennesima delusione.<br />
<br />
Qualche piccolo aiuto, infine, può arrivare dalla <i>psicoterapia comportamentale</i> che spesso riesce a dare all'obeso il controllo contro le abbuffate (magari non fa dimagrire ma chi soffre di attacchi di fame insanabili può riuscire ad evitarli). Ci sono psicologi comportamentali molto bravi, col vantaggio che spesso sono terapie che richiedono poche sedute.<br />
<br />
Un caro saluto,<br />
Paolo<br />
<br />
<i>chiunque volesse scrivermi può sempre farlo <a href="mailto:paolo@deandreis.it">a questo indirizzo</a>, sono sempre felice di rispondere per quel poco che posso offrire.</i>Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-35138534722653278602014-03-17T07:30:00.000+01:002014-03-17T07:30:03.205+01:00Come ti uccido una cicciona<i>Quando la cicciofobia si somma ad un disordine alimentare il mix è esplosivo. A rischio, dice la ricerca, una donna su cinque</i><br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEid_F9T2BPXB2ZjfEx0EckmWhVMJPIa4AhMqIyT5-_wGg5IDAp1F2uBzu44iaDV2NLL1zp2wLpv71D8eytkFjD3zkKGYIngjIhZ9DHmH7OOP5GHuPOlkXg9PVV4ToAOamny_vQkTuyo111n/s1600/hatess.jpg" align="center">Sì, è vero, la cicciofobia colpisce anche gli uomini, così come i disordini alimentari. Ma la vera emergenza, dicono gli esperti della convention annuale statunitense sui disturbi dell'alimentazione, riguarda le donne. E la situazione peggiora: si considera oggi che una donna su cinque soffra di questo genere di problema.<br />
<br />
Come <a href="http://everydayfeminism.com/2014/02/fatphobia-while-in-recovery/">sottolinea</a> Erin McKelle in un editoriale molto citato in questi giorni, ci sono due cose che sono molto pericolose per le donne dalle ponderalità rilevanti. La prima è la cicciofobia in tutte le sue declinazioni, di cui parliamo spesso su queste pagine, l'altra è il disordine alimentare. Quando queste due cose vengono vissute contestualmente, i problemi per il benessere e gli ostacoli al recupero si moltiplicano. <b>In realtà si corre il rischio, col tempo, di lasciarci la pelle.</b><br />
<br />
Se a questo si somma la cosiddetta <strong>emergenza dietismo</strong>, considerata sempre più spesso fonte di disordini alimentari, il quadro del pericolo diventa chiaro. <a href="http://www.eatingdisorderhope.com/information/body-image/dangers-of-fad-diets">Scrivono</a> gli esperti di HOPE: "depurativi in succo, pillole dietologiche, supplementi per l'accelerazione metabolica, liste di cibi buoni e cibi cattivi... Saltare sul carro di una dieta che va di moda è spesso la via più breve a sviluppare abitudini alimentari tossiche e disordini alimentari. Quello che inizia spesso con un tentativo apparentemente innocente di perdere qualche chilo o di guadagnarci un po' in salute può facilmente diventare un disordine a tutto tondo, come anoressia, bulimia o alimentazione compulsiva".<br />
<br />
Siamo ad un crocevia dove convergono difficoltà di tipo diverse e caratteristiche identitarie diverse e da dove si dipartono strade tutte in salita. Il nemico numero uno, continua McKelle, sono i media, veri propagatori dell'ossessione per la magrezza ma, come sottolineano esperti come <a href="https://twitter.com/bcuban">Brian Cuban</a>, il drammatico comportamento asociale dei media non basta a spiegare la cicciofobia. Ma è proprio questa, declinata contro le donne in effetti discriminatori, paternalistici o bullisti tout-court, la polvere da sparo che carica le armi con cui la società prima assedia milioni di donne e poi assolda i cecchini per farle fuori.<br />
<br />
La vera novità della ricerca, come evidenzia McKelle, è che tutti questi effetti sono collegati tra di loro: l'esposizione all'ossessione per la magrezza, che colpisce le donne in carne più delle altre, l'ostracizzazione dei grassi, i messaggi mediatici... Non solo tutti gli elementi dell'ossessione sociale lavorano insieme per danneggiare la donna, <b>sono ognuno causa ed effetto dell'altro, una complessità fatta di odio, identità danneggiate, media fallaci e dietismi sballati</b>.<br />
<br />
<b>Come uscirne?<br />
</b>Non esiste una via comoda, facile e sicura per sottrarsi al martellamento e all'assedio. Ma, come suggerisce McKelle, si possono attuare alcune strategie di buon senso per "alleviare" il problema ed evitare spirali distruttive <em>e</em> autodistruttive.<br />
In una battaglia di campo l'assedio può provocare l'esaurimento delle risorse dell'assediato. Nel nostro caso, scrive McKelle, si può però tentare di svicolare da chi con il solito paternalismo ritiene di dover sempre indicare alla ciccia di turno cosa deve fare della propria vita. E se non si può svicolare, perché chi lo fa è una persona di famiglia o qualcuno a cui si tiene, si può comunuque decidere di parlare, spiegarsi, far capire che parlare in termini colpevolizzanti o ridondanti di luoghi comuni non solo fa male al rapporto che si ha con quella persona, ma ottiene l'effetto contrario a quello sperato.<br />
<br />
Per quanto riguarda i media, invece, l'unica è armarsi di <strong>senso critico</strong>, di <strong>consapevolezza</strong>: oggi è difficile, impossibile probabilmente, pensare di vivere al di fuori dell'assedio mediatico. La comunicazione imperniata sulla magrezza come unico parametro del successo è ossessiva. L'unico modo per non subirla, per non interorizzare una colpa o il senso di essere "sbagliati", è destrutturarla, capire quali sono le origini culturali di un'ossessione del genere, verificare quanto quella non abbia nulla a che fare con la questione salute ma esclusivamente con la vanità o con il business che si incardina su tale ossessione.<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-91561943283179233572014-03-14T07:31:00.000+01:002014-03-14T07:31:00.359+01:00L'obesità non è un disturbo alimentare<i>Ci sono cose che diamo per scontate e che ci sembrano lampanti. Ma non sempre lo sono, e ci impediscono di ragionare. Risolviamone una, di quelle che girano da tanto tempo</i><br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUF3FxAqIyv3VjaZxBl0TfU0MVU0cbaG2OYg2JNM8CxJr0DKphmyl-vINawa5UM3hPzUydvW5bQZ31lfJRAQtuLgKs_7O-5KiLRFtCIeLC5TlZoxeWkzk4Os2OMoOWXOpkayfcVCDnXTkW/s1600/wanna.jpg" align="center"><br />
<br />
<i><br />
"Obesitá e anoressia sono entrambe malattie gravi! quelle capre su fb dovrebbero smetterla con quelle immagini moraliste"</i> <br />
Qualche giorno fa mi sono imbattuto in questo colorito tweet mentre <em>pattugliavo</em> i social network per accertarmi di ristabilire la verità assoluta sull'obesità... Si scherza, ovviamente! Ma trovo che questa battuta sia utilissima per spiegarci o ricordarci un paio di fatti fondamentali. Ed è utile ancor di più, forse, perché dimostra come una certa confusione regni anche in chi combatte la discriminazione, caos dovuto alla comunicazione fallace e distorta che regna sovrana nel nostro paese.<br />
<br />
Il primo riguarda i disturbi alimentari. Una locuzione che comprende <b>una quantità di diverse patologie</b>, di comportamenti e di ambienti psicologici, un insieme che è tuttora oggetto di studi approfonditi in tutto il mondo e del quale grazie al lavoro di molti diversi ricercatori piano piano si inizia ad avere un quadro.<br />
<br />
Il secondo è che <b>l'obesità non è un disturbo alimentare, l'anoressia invece sì</b>. Lo stato di obesità, al di là della difficoltà tecnica di definirlo dopo la caduta del BMI come "termometro" valido, è una condizione identitaria. E' il risultato di una molteplicità di fattori, che i dietisti chiamano <em>cause</em>, un fin qui inestricabile mix di elementi genetici, culturali (familiari e ambientali) e psicologici. Un insieme sul quale <b>tutti sembrano avere opinioni molto precise</b> ma che ogni giorno cambia forma per una nuova scoperta. Di fatto dell'obesità sappiamo molto, ma per dire che la conosciamo ci vorranno ancora molti anni. <b>Uno stato identitario, che sia o meno un fattore di rischio, non è una patologia</b>.<br />
<br />
Concludendo, se è vero che la definizione di disturbo alimentare integra probabilmente troppe diverse patologie e comportamenti e che questo nuoce alla chiarezza, se vogliamo capire di cosa parliamo quando parliamo di <em>cicciosità</em> è essenziale far nostra la differenza tra patologia e stato. Non mancano, ahinoi, articoli di giornale o di pseudodietisti che <a href="http://cicciones.blogspot.it/2014/02/ricerca-le-fanfaluche-sullobesita-fanno.html">parlano dell'obesità come patologia</a>, come fosse un'influenza, una trombosi o peggio. Che sia uno stato di interesse clinico è indubbio. Ma ripetere come un mantra che sia una patologia non diventa vero solo perché - appunto - ripetuto di continuo.<br />
<br />
(<a href="http://www.sobernation.com/what-is-anorexia/">fonte foto</a>)<br />
<br />
Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-87847449999343808892014-03-13T07:30:00.000+01:002014-03-13T07:30:01.398+01:00Voler convertire un bullo è come voler imbottigliare il vento?<i>La diffusione dell'odio e del pregiudizio contro chi è ciccione è tale che la guerra forse è già perduta. Ma se non fosse quella la guerra da combattere?</i><br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj_izdkyoN23HVIRxx7Acb7DLcDgz4HG6Hqi1uETlXoeUUr03k_cds7QQnhCBZ1FnXk2qz07W2KnViQ5GwjXkRZPGbWa0hwG_CJXdkry72Tb-4mGJDi1lWilM-GFFMElutle1DRXFZhsl85/s1600/bota.jpg" align="center"><br />
<br />
CCD - Si può fermare un'onda di piena? Si può imbottigliare il vento? Si può trasformare un bullo in una persona consapevole degli altri? Se lo chiedono in tanti in questi giorni sui network adiposi, e non perché si siano registrati episodi di bullismo più cruenti del solito, ma proprio perché <strong>è un lento stillicidio</strong> quello che cicci e cicce di ogni età affrontano quotidianamente.<br />
<br />
Qualche giorno fa <b>Susie Kline</b> <a href="http://motherhoot.com/blog1/?p=7022">cercava</a> di spiegare ai genitori americani perché avere dei figli ciccioni non debba suscitare loro sensi di colpa. "Tutto quello che potete fare è educare, fornire cibo salutare, ma il resto è la genetica, l'ambiente, le questioni economiche... Queste ed altre cose che noi tutti vorremmo poter controllare molto più di quanto in realtà ci sia dato".<br />
<br />
Susie descrive la <em>complessità</em> non solo dell'obesità in sé ma anche dell'intero mondo che circonda il bimbo ciccione, auspicando infine che genitori e tutori riescano prima o poi a far quadrato e ad affrontare la sfida più grande, che non è certo solo quella di fornire cibo sano ma quella di <strong>cambiare la cultura e azzerare il bullismo</strong>. Insieme, dice Susie, si possono ottenere grandi risultati.<br />
<br />
A me, come accennavo, sembra che il bullismo anticicci sia talmente incardinato nelle fondamenta della società contemporanea che pensare di cancellarlo sia utopico, sia appunto come voler imbottigliare il vento. <br />
<br />
<b>E se ci fosse un modo per imbottigliarlo, invece, il vento?</b><br />
<a href="http://living400lbs.wordpress.com/2013/02/17/does-it-matter/">Si legge</a> su <em>Living400Libs</em> di una ragazza obesa a cena con amici fuori, in un ristorante, e del dover ascoltare per metà del pasto quelli del tavolo accanto sparare a zero sui ciccioni. "Nel microcosmo di quell'ora e di quella stanza, i loro commenti - scrive l'autrice del post - non dovevano necessariamente avere effetti su di me. Le loro opinioni non mi hanno fatto perdere il lavoro o la mia casa. Il fatto che pensino che le persone grasse non siano sexy non cambiava quello che era successo poco prima del pranzo tra me e il mio ragazzo. Ma, allo stesso tempo, le opinioni anti-obesi espresse da quel gruppetto di persone rafforzano la visione sociale dell'odio contro i ciccioni. L'idea che chiunque possa perdere peso, che i ciccioni siano stupidi o non si accettino o siano pigri in quanto non magri, fa sì che una persona con le mie qualifiche sia assunta con maggiori difficoltà. O pagata meno di un collega di pari qualifica. E' anche uno dei motivi per cui molti medici vedono i cicci come pazienti che non seguono le loro direttive, o deficienti perché per propria volontà evitano la magrezza, e via dicendo".<br />
<br />
Ecco, forse, il fronte. Dove possiamo tracciare una linea?<br />
I danni del bullismo, dell'odio, dell'ignoranza, della mancata comunicazione della realtà delle cose così come del suo opposto, lo scarso interesse che suscita il benessere degli altri, i danni dicevo <a href="http://cicciones.blogspot.it/2014/02/il-bullismo-disgrega-la-salute-dei.html">sono molto più grandi</a> tanto più giovani ci si espone a questo clima. Ma poi proseguono lungo tutta la vita adulta.<br />
<br />
<b>Che importanza può avere quando qualcuno parla in un certo modo dei ciccioni, come quei ragazzi in quel ristorante?</b> A livello individuale non ne ha nessuna, probabilmente. Ma quei pregiudizi, quei luoghi comuni, quell'odio che si rafforzava tra di loro durante un pasto contribuiva alla visione dei ciccioni da parte della società nel suo complesso, era ad un tempo causa ed effetto dell'accondiscendenza generale verso il tiro al ciccione.<br />
<br />
Ecco, quindi, che forse siamo arrivati al punto. Il bullo che assale una donna cicciona o un cameriere che ti guarda storto, beh contro questo si può davvero far poco. Pensare di "convertire" ad un livello di umana decenza e consapevolezza chi annega nella discriminazione sarebbe veramente come tentare di infilare il vento in bottiglia. Ma, come auspicava Susie, è invece possibile agire, tutti insieme, perché cambi la "visione complessiva" della società, quella che - a differenza delle parole di uno sconosciuto - già oggi causa così tante sofferenze. <b>Come a dire, quindi, che il vento da imbottigliare non sono i pregiudizi di un estraneo, il vento è la corrente d'aria mefitica che si insinua nelle istituzioni, nei palazzi, nelle scuole, nei condomini, nelle televisioni</b>. Forse è vero, non si può imbottigliare, ma si possono sempre chiudere le finestre e poi parlare, qui, sui social network, per strada, tra gli amici, del perché si è scelto di risparmiarsi quello spiffero assassino.<br />
<br />
(<a href="http://www.holdensbottling.co.uk/">fonte foto</a>)<br />
Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-79356987953382510012014-03-11T07:30:00.000+01:002014-03-11T09:05:28.244+01:00Il nutrizionista: l'obesità è perlopiù determinata dall'ambiente<i>L'intervista a Francesco Iarrera, nutrizionista ed esponente di AIDAP, tra i primi professionisti del settore in Italia a porre al centro della questione obesità l'ambiente sociale e la discriminazione</i><br>
<br>
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIbs2hWQBY6d03b-apO2OZ7iyBtuVg6vYhNH8qDdVIESJqVZiZD-5yrGut7FmTwGUlcPSDqL1U7v0vmIYgDegJ-KRdL2Mg0cSqepknUt0gLNFrLMGE4GzLfLI7pQfhgcZvIPWmMdEmbkVo/s1600/Francesco+Iarrera.png" align="left">CCD - La discriminazione entra di prepotenza nel dibattito sull'obesità, grazie in particolare al <b>dott. Francesco Iarrera</b>, nutrizionista del Centro di Riabilitazione Nutrizionale di Messina e referente regionale di <a href="http://www.positivepress.net/positive/aida.nsf/W-HOME?OpenForm">AIDAP</a>, l'Associazione Italiana Disturbi dell'Alimentazione e del Peso. Iarrera in queste settimane <b>ha letteralmente rotto il ghiaccio</b> grazie ad un <a href="http://www.emozioniecibo.it/pages/pageTesto.aspx?id=708">brillante intervento</a> sulla discriminazione apparso sulla newsletter di AIDAP, <em>Emozioni e Cibo</em>. Com'è ovvio gli ho immediatamente chiesto di parlarne per una intervista e ne è uscita una lunga e interessante chiacchierata a 360 gradi su obesità, disturbi alimentari, odio sociale, reality show e nutrizione. Ho cercato di sintetizzarla qui sotto.<br>
<br>
<strong>Discriminazione e disturbi alimentari</strong><br>
<i>Perché nel tuo intervento parli di "nuovi pregiudizi" anticicci, a cosa fai riferimento?</i><br>
Iarrera: Quando parliamo di obesità, quando parliamo di obesi, ci troviamo di fronte ad una sorta di intolleranza razziale, una forma molto pericolosa di intolleranza. Non ci dobbiamo stupire: ogni qual volta come società e individui ci troviamo dinanzi a qualcosa che non conosciamo tendiamo a starne alla larga, e finiamo per considerarlo il male supremo. <br>
Qui da noi questo è quello che accade. Oggi succede proprio questo con l'obesità.<br>
<br>
<i>Sono i pregiudizi che circondano l'obesità, e che si traducono nell'esclusione sociale degli obesi, parliamo di quelli?</i><br>
Iarrera: Si attribuisce di tutto e di più agli obesi. Si dice che sono pigri, ad esempio, ma si può essere pigri o meno anche da magri. Si dice che gli obesi sono privi di volontà o non sanno mantenere un impegno. Sciocchezze, ovviamente, che sono però un problema nel momento in cui diventano il modo o la scusa per discriminare, allontanare, emarginare.<br>
<br>
<i>In che senso?</i><br>
Iarrera: Questo è un problema culturale, nasce dalla non completa conoscenza dei meccanismi biologici e psicologici legati al sovrappeso. Si ignorano le cause scientificamente dimostrate, si attribuisce il sovrappeso ad una <em>insufficienza</em> dell'individuo.<br>
<br>
<i>E non è così? C'è chi attacca gli obesi perché - dice - lo sono per scelta.</i><br>
Iarrera: Il problema è proprio questo. Come si può parlare di sovrappeso continuando ad ignorare che se il 25 per cento della questione è ascrivibile ad una responsabilità personale, il 75 per cento ha invece cause ambientali?<br>
<br>
<i>Come uomo ciccione sono cresciuto circondato da chi non solo mi diceva che vivevo in un corpo sbagliato ma anche che era tutta colpa mia. E se non me lo diceva mi faceva capire come la pensava. Un'esperienza, questa sì, <em>epidemica</em>, vista la quantità di cicci e cicce che l'hanno sperimentata e la sperimentano. Ora mi vieni a dire che non è così?</i><br>
Iarrera: Le persone obese si trovano in una difficoltà biologica. Vivono una condizione che conoscono meglio di tutti, non hanno certo bisogno che siamo noi ad andarglielo a dire. Nel momento in cui la persona si sente colpevolizzata rispetto al proprio sovrappeso tende a fuggire. Paradossalmente l'accusa secondo cui l'obesità viene scelta non solo non aiuta a risolvere il problema ma, anzi, lo aggrava.<br>
<br>
<i>Sì, come sottolinei la ricerca va tutta in questa direzione, anche se viene ancora sostanzialmente ignorata, si fatica a trasformare questo concetto in <em>cultura</em>. Dal mio punto di vista posso dire che da adulto ho imparato, diciamo così, a difendermi. Certo, se ricordo quando ero piccolo...</i><br>
Iarrera: Per i bambini è naturalmente molto peggio. Nel bambino la questione è potenzialmente ancor più grave. Perché se gli va bene non affronterà proprio il problema, se gli va male finirà per sviluppare un disturbo dell'alimentazione.<br>
<br>
<i>Quindi vedi una correlazione tra un clima sociale ostile e lo sviluppo di disordini alimentari?</i><br>
Iarrera: Anoressia, bulimia, un approccio disturbato al cibo. Tutto questo arriva dall'ambiente, ancor più al bambino la cui identità ancora non è formata, la cui autostima è ancora in fase di evoluzione.<br>
<br>
<i>Mi puoi fare qualche esempio?</i><br>
Iarrera: Nella nostra pratica clinica incontriamo molti bambini in cui rileviamo il ruolo dell'emarginazione, la percezione dell'esclusione è forte e li segna. Basti pensare che i bambini normopeso tendono a giocare meno con i bambini sovrappeso.<br>
<br>
<strong>L'importanza dell'ambiente</strong><br>
<i>A questo proposito ci sono ricerche, correggimi se sbaglio, secondo cui è deleterio far mescolare i bambini normoforma con quelli ciccioni perché tenderebbero a diventare ciccioni... Che ne pensi? A me sembra orrorifico il solo pensiero, ma io come ti ho detto lavoro su ciò che conosco, ossia la comunicazione sociale. In questo caso l'esclusione a causa della forma mi fa venire i capelli dritti.</i><br>
Iarrera: La verità è che l'interazione sociale va in entrambe le direzioni. Se è vero che una persona magra che si circonda di persone sovrappeso rischia di sviluppare del sovrappeso, è anche vero il contrario. <br>
<br>
<i>Allora possiamo dire che ci condizioniamo a vicenda un po' in tutte le cose e che questo fa parte dell'interagire, che a sua volta è condizione essenziale di vita...</i><br>
Iarrera: Ma il punto chiave, il vero nodo, è ancora una volta un altro, ed è l'ambiente.<br>
<br>
<i>Al contrario di altri medici, attribuisci moltissima importanza all'ambiente. Ne hai scritto e me ne hai parlato anche ora come di un elemento determinante. Quando parli di ambiente cosa intendi?</i><br>
Iarrera: Se penso ai bambini, alle famiglie, ai compagni di giochi, ma anche - con gli adulti - ai colleghi e agli amici. A come gli uni si comportano con gli altri, come ci si relaziona, penso ai luoghi comuni, alla frequente ignoranza della scienza...<br>
<br>
<i>Io da esperto di comunicazione tendo a pensare molto all'ambiente <em>mediatico</em>, a quanto influiscano i media, come la televisione. Mi chiedo se possiamo ridere su fenomeni come quelli dei reality show antiobesi o se invece dovremmo investigarli seriamente</i><br>
Iarrera: Non ci possiamo ridere sopra. L'ambiente mediatico di questo tipo è di una gravità assoluta. Se ci ragioni, è una esaltazione dei concetti di cui abbiamo parlato, dell'ambiente ostile, con l'aggiunta di una diseducazione molto grave.<br>
<br>
<i>Che intendi?</i><br>
Iarrera: L'esempio più ovvio è proprio quello della forma. Si continua a enfatizzare il fattore di successo della magrezza, come se fosse la via al successo, anzi l'unica possibilità di successo personale, e questo naturalmente è problematico. <br>
A questo si aggiunge l'idea della possibilità di perdita di peso con sistemi che sono al limite del realizzabile.<br>
<br>
<i>In che senso?</i><br>
Iarrera: Pensiamo proprio ai reality show di cui parlavi. Non è ovviamente in alcun modo realistico che una persona non so vada in una clinica come quella del reality show dove un esercito di terapisti lo/la seguono giorno per giorno magari per un anno e mezzo. Ma il messaggio non è questo, il messaggio fa sì che chi segue quelle trasmissioni finisca per pensare di poter tradurre quel dimagrimento in una realtà anche per sé. La verità è che non si vive la vita con un tutor o seguiti da un pool di specialisti in una clinica.<br>
<br>
<i>Come esperto di comunicazione mi sento solo di aggiungere che questo genere di show mi sembrano deleteri non solo per il pubblico ciccione, che viene istigato a tentare di dimagrire in modi suicidi. Ma anche per quello normoforma: in questi show trovano conferma una quantità di luoghi comuni, pregiudizi, ossessioni che vengono ripetuti sotto varie forme e continuamente, dipinti sia negli atteggiamenti dei conduttori che in quelli a cui sono spinti i partecipanti.<br>
Tra questi pregiudizi, evidentemente, c'è anche quello di chi ritiene fondamentalmente giusto che il ciccio o la ciccia si sentano abitanti di un corpo sbagliato. Molti ritengono che questo sia utile, addirittura che li spinga a dimagire, tanto da sentirsi legittimati a dire all'obeso quello che deve fare con il proprio corpo. E si arrabbiano persino quando qualcuno dice loro che si comportano da bulli. Che ne pensi?</i><br>
Iarrera: Questo viene fuori di continuo. E' come se qualcuno potesse sapere meglio della persona sovrappeso che essere sovrappeso è un problema. Se io ho un peso di 150 chili saprò da solo che faccio fatica a salire le scale. Non ha senso fargli pesare una cosa che lui sa perfettamemte.<br>
E' il modello del senso di colpa che è fallimentare e che incredibilmente ancora oggi viene utilizzato. Il sovrappeso di fatto è aggravato da questo genere di approccio che, come tutti quelli di questo tipo, non sono funzionali. <br>
Parliamoci chiaro: ma se io ho malditesta siamo sicuri che debba esserci qualcuno che mi spiega che ho il malditesta? E magari insultiamo quella persona?<br>
<br>
<strong>Il caos ascientifico, il fascino dei "maghi"</strong><br>
<i>La mia sensazione è che viviamo in un momento molto caotico per tutto quello che riguarda l'alimentazione, le diversità, una cultura sofferente. Non percepiamo il valore dell'individuo. Anche quando si parla di nutrizione mi pare che vi sia molta confusione e questo anche determina comportamenti discriminanti. Come leggi la situazione attuale?</i><br>
Iarrera: In cinquant'anni anni siamo passati dallo spingere un carretto ad andare in aereo, oggi usiamo i cibi precotti che acquistiamo al supermercato e non quelli che coltiviamo nel nostro orto. E' cambiato tutto l'ambiente.<br>
Pensiamo alla dieta mediterranea. Quando si parla di questa dieta in realtà si dovrebbe specificare che si parla di uno stile mediterraneo vecchio di cinquant'anni. Quando l'uomo si alzava la mattina alle 5 per andare a lavorare nei campi. Lo stile di vita oggi è cambiato completamente.<br>
Il punto è che non siamo geneticamente pronti per vivere in questo ambiente. L'ingrassamento è una logica conseguenza. L'uomo fino a non più di cento anni fa era stato costruito per accumulare risorse energetiche che gli consentissero di resistere alle carestie. I cambiamenti dal punto di vista genetico non sono affatto affrontabili facilmente.<br>
<br>
<i>Mi chiedo se non possa venirci un aiuto dalla cultura. Come mi hai detto negli ultimi decenni è cambiato tutto. Se non ce la facciamo sotto il profilo genetico forse potremmo lavorare sotto il piano culturale. Penso a chi inizia, forse siamo solo agli inizi, a riflettere in modo nuovo sul cibo. Con tutti i suoi limiti, non so, penso al vegeterianesimo, non è un indice di una riflessione nuova sull'alimentazione? C'è da sperare che da queste riflessioni emerga un approccio più evoluto?</i><br>
Iarrera: Certo, un aspetto importante è quello culturale, una evoluzione in questo quadro potrebbe cambiare qualcosa e forse qualcosa sta cambiando. Ma la domanda rimane: stiamo prendendo la giusta direzione? Io non lo so. La ricerca scientifica in questo senso non è univoca, ci sono nodi controversi sulla riduzione di certi alimenti a favore di altri, ci sono pazienti che sviluppano disturbi in relazione all'alimentazione "politically correct". In una evoluzione del genere, diciamo, c'è una sottile linea di confine tra miglioramento e peggioramento.<br>
<br>
<i>Mi sembra che giriamo nel caos. A volte la sensazione da questa parte del tavolo è che le ricette per star bene o addirittura per dimagrire cambino diametralmente a seconda del medico con cui parli. Conosco persone che seguono diete che hanno letto sui libri, altre stabilite da nutrizionisti, altre ancora quelle di certi medici di famiglia che lavorano fuori protocollo. Se poi ci parli, scopri che le indicazioni cliniche delle une e delle altre fanno a botte, sono quasi in opposizione. Siamo nel caos, insomma.</i><br>
Iarrera: Credo che il problema nasca dalla difficoltà di far emergere l'approccio scientifico. Alcuni terapeuti in ambito nutrizionale sembrano a volte trascurarlo, finiscono per cercare la genialità in un approccio che se basato sulla scienza medica non dovrebbe avere nulla di geniale.<br>
<br>
<i>I venditori di elisir in Italia hanno sempre avuto vita facile...</i><br>
Iarrera: Io credo che un medico, un nutrizionista, non debba inventarsi nulla, deve solo applicare quello che la ricerca scientifica ha portato in superficie.<br>
<br>
<i>Mettendoti nei panni di un paziente, di qualcuno che ha davvero dei problemi di salute legati alla nutrizione... Come se ne esce?</i><br>
Iarrera: Bisogna leggere. Leggere tanto, studiare, capire. E' complicato, mi rendo conto. Per esempio noi qui al nostro centro applichiamo la terapia comportamentale per le persone sovrappeso e i disturbi dell'alimentazione. Parliamo dell'applicazione del massimo dell'evidenza scientifica. Dovrebbe quindi essere questo lo standard dell'approccio all'intera questione. Ma - sorpresa - gli specialisti che la applicano sono pochi.<br>
<br>
<i>Come formare gli specialisti? Come ri-disegnare l'ambiente specialistico?</i><br>
Iarrera: Noi proponiamo dei corsi di formazione su queste terapie, ma posso dirti che ai nostri corsi troviamo meno partecipanti di quanti si iscrivono, ad esempio, per studiare la dieta chetogenica (una dieta che va molto di moda, ndr.). Se vai però a leggere la ricerca, a studiare, scopri che molti studi non convalidano quel tipo di dieta. Siamo quindi di fronte ad un messaggio sbagliato.<br>
<br>
<i>Ho il timore che intervengano logiche di business...</i><br>
Iarrera: Certo. Qui c'è un business che va ad invadere il campo scientifico, l'approccio miracolistico fa guadagnare molto di più. Non è la prima volta. E' successo anche con le intolleranze alimentari. Nel momento in cui sono emerse le evidenze scientifiche sulla inattendibilità di queste analisi un medico serio non può più proporle. Come AIDAP abbiamo un codice deontologico molto chiaro in questo senso. Ma penso anche al sondino nasogastrico, col quale qualcuno si è arricchito molto.<br>
Il punto è che usare tecniche errate produce un doppio rischio, quello legato alla salute e quello della depressione dinanzi al fallimento.<br>
<br>
<i>Quando penso alla "lentezza culturale" penso anche ai grandi disagi che gli obesi, in particolare i grandi obesi, soffrono nel contatto con le strutture pubbliche, di trasporto o sanitarie. Che ne pensi?</i><br>
Iarrera: Credo che questo sia legato ad una scarsa reattività all'evoluzione delle cose. Il mondo è cambiato rapidamente, e c'è una difficoltà, una lentezza nel trovare soluzioni a problemi vecchi di cent'anni, figuriamoci per quelli vecchi di vent'anni. Forse è un po' troppo ambizioso sperare che le strutture si adeguino rapidamente ad una condizione reale e molto nuova.<br>
<br>
<b>Amare se stessi e Health At Every Size</b><br>
<i>L'approccio di questo blog come sai è legato ad HAES, un approccio che partendo dall'accettazione di sé propone un percorso di salute legato alla gioia del ritrovare il senso del movimento fisico e di una nutrizione sana. Il primo passo per riguadagnare salute è accettare quello che siamo. Che ne pensi?</i><br>
Iarrera: Il discorso è veramente complesso. Il sovrappeso oggi ha delle influenze a diversi livelli, di relazioni sociali, reazioni emotive, di autostima, aspetti che vengono influenzati negativamente dal sovrappeso. Non possiamo dimenticare che è un problema di salute, dovrei puntare a star bene e non a dimagrire, certo, ma non ho idea di cosa si possa fare per questo.<br>
<br>
<i>Non pensi sia possibile?</i><br>
Iarrera: Intendo dire che il nostro percorso parte dal discorso dell'accettazione corporea, in modo che il paziente impari che può vivere dignitosamente con i propri chili di troppo. Il problema è lo scopo che spinge il paziente da noi.<br>
<br>
<i>Che intendi?</i><br>
Iarrera: Non sono molti quelli che mettono al centro la salute. Molte persone si avvicinano ad un protocollo di terapia come il nostro perché vogliono perdere peso con obiettivi primari dichiarati, ad esempio per trovare fidanzati o fidanzate, per riuscire meglio nel proprio lavoro o per trovare una occupazione. Noi ci troviamo quindi a lavorare per tentare di ristrutturare questi pensieri, perché si arrivi alla conclusione che non è così, che si può avere una relazione affettiva anche se si è in sovrappeso, che ci si può sposare e avere successo nel lavoro; così come tutto questo può non accadere, anche se si è magri. <br>
Qui ci scontriamo con una pressione culturale e ambientale che oggi è ossessiva.<br>
<br>
<i>Sì, ne sono consapevole. Anche per chi come me lavora specificamente sul linguaggio e individua in questa ossessione il principale ostacolo al benessere, alla fine ci si trova sempre a parlare di dimagrimento. Il che è deprimente, considerando appunto quello che dicevamo su salute e ricerca scientifica.</i><br>
Iarrera: L'idea che si fanno i pazienti è che devono perdere peso, che quello per loro è l'unico sistema per star bene. Si innescano comportamenti deleteri, come il controllo ossessivo di alcune parti del corpo, ad esempio i fianchi. E si crea un circolo vizioso che finisce con evitare le attività. E quindi non vado al mare perché sono sovrappeso, innestando ulteriori negatività. <br>
<br>
<i>Come si può superare?</i><br>
Iarrera: In verità l'insoddisfazione corporea si può affrontare con esercizi comportamentali. Ad esempio forzandosi ad aandare comunque al mare e scoprire quello che in realtà si sente. Gli esercizi condotti a dovere migliorando la soddisfazione, la percezione di sé. Ma quando il costrutto psicologico è legato anche alla giovane età i condizionamenti sono troppo forti per lavorare su questo fronte.<br>
<br>
<br>
Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-86367944031794446422014-03-10T07:30:00.000+01:002014-03-10T07:30:00.182+01:00Io rimarrò sempre un po' grassa<i>Una riflessione di Shaunta Grimes sulla perdita di peso. E sul perché le strade abbandonate è meglio non tornare a percorrerle</i><br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQMArlGzDNB9XU-E8S_qWWQtyE2KtJ0_K4l_a7C6s0LLq_FFCDAscd2ULlser4SV7JZaG-Hf8P0VBReSlFYEEbuebg1-IOkxcsZau3dd-2RbBVc0LRjSiZ0LVYBluRToEA3OpBaW8Lw2LB/s1600/shaunt.jpg" align="center"><br />
<br />
Via la bilancia, via con la gioia. Fuori l'odio, dentro il piacere. Sì ad un'alimentazione corretta, no alla privazione alimentare. <b>Shaunta Grimes</b>, scrittrice e tra le più argute attiviste del movimento internazionale per la libertà ponderale nonché alfiere dell'<a href="http://cicciones.blogspot.it/p/cose-haes.html">approccio HAES</a>, <a href="http://shauntagrimes.tumblr.com/post/78292539473/why-i-will-always-choose-to-be-a-little-bit-fat">ha scritto</a> un piccolo post sulle proprie scelte di vita, comprese quelle alimentari. Un po' per ricordarlo a se stessa, cosa molto utile quando si lavora con HAES, un po' per ricordare a tutti che un'altra via è possibile. Eccolo in una veloce traduzione:<br />
<br />
"Questa <a href="http://www.elephantjournal.com/2013/09/why-i-will-always-choose-to-be-a-little-bit-fat-jamie-khoo/">citazione</a> mi ha davvero fatto pensare:<blockquote><i>Sì, posso farcela a perdere quei 7 chili così da infilarmi molto più comodamente il vestito di Bébé che ho comprato mesi fa. Ma se devo farlo non mangiando più frutta, o pane appena sfornato, o yogurt greco, o miele, per un anno, allora, beh, continuerò a pesare 7 chili più di quanto si supponga che debba pesare</i></blockquote>Ora, d'accordo, il mio corpo è assai più imponente di chi ha scritto questa citazione. Ma ok. Trovo molto interessante quello che ha scritto. E' qualcosa con cui mi trovo spesso a dover fare i conti, in quanto appartengo ad un mondo dove molti di coloro che conosco stanno facendo qualche forma di dieta basata sulla privazione.<br />
<br />
Il punto è che non sono disponibile a passare il resto della mia vita senza mangiare dolci al cioccolato perché devo scendere ancora quel chilo, o della pizza fatta in casa o del popcorn in una serata cinematografica in famiglia. Non ho intenzione di smettere di mangiare pane, banane o cibo messicano.<br />
<br />
Sono invece molto determinata nel continuare a lavorare per costruire una relazione sana con il cibo.<br />
<br />
Per me c'è una grossa differenza tra l'avere due dolcetti al cioccolato quando sono ad un giro di boa e mangiare invece tutti quelli contenuti in una confezione, per spaventarmi poi perché A) Il mio corpo non risponde bene all'introitare tutti quelli zuccheri in una volta sola B) Sono sommersa dal senso di colpa per non avere forza di volontà.<br />
<br />
E' la differenza tra mangiare un paio di pezzi di pizza e una ciotola di popcorn quando la mia famiglia decide che è il momento di una maratona Ghostbusters, e poi mangiare metà pizza tutta da sola e giurare dopo che mai più mangerò pizza (bugia).<br />
<br />
Io sono quasi certa che oggi il mio corpo non è al suo giusto peso, sempre che esista una cosa di questo tipo (penso in effetti che esista, ma non è questo il punto), e so che se continuo a nuotare e mangiare cibo il mio corpo continuerà a diventare più forte e più in forma, più in salute e, già, anche più magro <i>(vi ricorda <a href="http://paolohaes.blogspot.it/">qualcosa</a>? ndr.)</i>.<br />
<br />
Ma non ho alcuna intenzione di tornare indietro a quando dimagrire era il mio obiettivo. Non sono disposta a smettere di mangiare con piacere e senza sensi di colpa e in quantità che mi diano soddisfazione e con cui io mi senta confortevole, in modo dare al mio corpo il modo di vivere la mia vita".<br />
<br />
(<a href="http://hauntedorchid.blogspot.it/2013/06/top-5-with-shaunta-grimes-author-of.html">fonte foto</a>)Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-62590561603453199062014-03-09T15:06:00.000+01:002014-03-09T15:06:00.593+01:00Ai ciccioni certe meretrici chiedono dieci euro in più<i>Denunciati a Pavia in cinque, comprese quattro donne per favoreggiamento della prostituzione. Facevano pagare di più le proprie prestazioni se il cliente era ciccione<br />
</i><br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2Obp7I_nVUmCXB_vjR3URxaBTrc9lPISdBp5bfyy5pi739xknlu2gupV1b9KR6F4d88Rkrjm6Kl9xxH5v0wuYgf88fhLGKU4dmhmBylPNG91DutfzRRor-gylYtyuVfZ4unPWpD-DsnAK/s1600/chinagislala.jpg" align="center" width="550" height="300"><br />
<br />
CCD - Dovrei probabilmente inaugurare una sezione del blog da definire "minipost", perché capitano segnalazioni o poco più che val la pena pubblicare perché ci aiutano a ragionare, ma sulle quali forse non ha molto senso soffermarsi troppo. E' il caso di un'operazione di polizia che ha portato allo smantellamento di un "centro massaggi" a Mortara, nei pressi di Pavia.<br />
<br />
Da quanto <a href="http://www.quotidianopiemontese.it/2014/03/08/mortara-sequestrato-centro-massaggi-luci-rosse-con-sovrapprzzo-per-clienti-obesi/?utm_source=twitter&utm_medium=social&utm_campaign=Mortara,+sequestrato+centro+massaggi+a+luci+rosse+con+sovrapprzzo+per+clienti+obesi#_">si apprende</a> i Carabinieri hanno scoperto che il locale era una copertura per un'attività di prostituzione.<br />
<br />
"Il centro massaggi - recitano le cronache - si trovava in un appartamento di via Torino ed al loro ingresso i carabinieri si sono trovati di fronte una scena inequivocabile sulle attività svolte, confermate dalla presenza di centinaia di confezioni di preservativi". Quattro le donne denunciate per favoreggiamento della prostituzione, una è anche inquisita per sfruttamento, tutte di origine cinese. A sua volta denunciato il proprietario italiano dell'appartamento, che stando agli inquirenti era a conoscenza dei fatti.<br />
<br />
Voi direte... e allora? Ecco, il particolare che mi ha colpito è che <b>parrebbe che i massaggi speciali venissero fatti pagare 10 euro in più qualora i clienti fossero sovrappeso</b>. Eh? Sì, proprio questo <a href="http://www.ilgiorno.it/pavia/cronaca/2014/03/07/1035683-mortara-centro-massaggi.shtml">riportano</a> le agenzie. Senza voler naturalmente entrare nella questione prostituzione né - figuriamoci - in una indagine per attività illegali, non può non saltare all'occhio il particolare. La "maggiorazione" nelle prestazioni era dell'ordine del 10 o 20 per cento, con le tariffe standard comprese tra i 50 e i 100 euro. Io non ho sinceramente idea di quale sia il pubblico di questo genere di attività né conosco qualcuno a cui poter chiedere lumi, ma trovo emblematica la maggiorazione per i ciccioni e mi chiedo quale effetto potesse avere sui clienti obesi questo genere di "discriminazione" e da cosa dipendesse. Che ne pensate?<br />
<br />
(<a href="http://www.bloomberg.com/news/2014-02-17/china-orders-crackdown-on-prostitution-after-raids-in-dongguan.html">fonte foto</a>)<br />
<br />
Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-90252434703048879322014-03-09T07:30:00.000+01:002014-03-09T10:54:43.843+01:00Quando i manichini ingrassano<i>Il manichino non è più soltanto filiforme. Non basta, certo, ma è certo un passo avanti. Il caso di Ahléns<br />
</i><br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgrOee02QL8k8FfAq69UZoX_j2srDQ0TKbauZ5BBeCXOIZxMvADeGDVK5PUB5iIFHW5oF5VVQzw_cQlPv4kiRAJkcOvfmHgsFMf0AWklCOj3YlqWkhHMJ78dxKgOV6vgPz3J81aIkmG-AZg/s1600/athelsn.jpg" align="center"><br />
<br />
Sconcerto, sorpresa, proteste, applausi, smentite, comunicati stampa. E' successo di tutto nelle scorse settimane quando un celebre rivenditore di abiti svedese, Ahléns, ha inaugurato un nuovo genere di manichino. Sparsi tra gonne e pantaloni, tra maglioncini e camicette, nelle aree espositive hanno fatto la comparsa <strong>manichini quasi normoforma</strong>. Un salto in avanti epocale rispetto ai manichini parossisticamente asciutti con cui vengono addobbate le vetrine di mezzo mondo.<br />
<br />
Ahléns non è certo il primo store a fare una scelta del genere ma il suo caso, <a href="http://www.dailymail.co.uk/femail/article-2299498/Swedish-department-store-hl-ns-reignites-body-image-debate-photo-normal-sized-mannequins-goes-global.html">scrive</a> il quotidiano britannico <em>Daily Mail</em>, ha sollevato reazioni mai viste prima grazie alla diffusione virale di alcune foto inizialmente attribuite ai magazzini H&M.<br />
<br />
In realtà nei 76 negozi di Ahléns i manichini non più "anoressici", se mi passate l'espressione, sono presenti ormai da alcuni anni. Il caos è scattato con la diffusione online di immagini, come questa qui sopra, che hanno poi preso la via inarrestabile della moltiplicazione sui social network. Il dibattito verte naturalmente sulla distanza spesso abissale tra la rappresentazione modaiola della donna e la realtà, una distanza che viene formalizzata quotidianamente sui media e che come sappiamo è tra le cause di numerose diverse patologie, di odio e discriminazione.<br />
<br />
La verità è che Ahléns ha sì fatto un passo avanti, soprattutto ha riacceso un dibattito importante - ma i suoi manichini mantengono comunque un canone di normoforma dal quale, fin qui, sono escluse le forme femminili sopra la taglia 44, figurarsi quelle ponderalmente rilevanti. Quelle, come sappiamo, corrispondono a donne e uomini che faticano un po' ovunque a trovare vestiti adatti. Se proprio non si vuole far ingrassare ulteriormente i manichini, di certo sarebbe una buona strategia per le grandi catene dell'abbigliamento iniziare ad occuparsi più da vicino dei clienti, anche di quelli non magrissimi, il cui numero come sappiamo va aumentando a tutte le latitudini.<br />
<br />
Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-86384648349984336502014-03-07T07:30:00.000+01:002014-03-07T07:30:03.237+01:00Accettarsi come obesi significa giustificare l'obesità?<i>Ma davvero qualcuno qui crede di avere il diritto di chiedere ad un altro umano di giustificare la propria esistenza? Sì. Qualcuno la pensa proprio così</i><br />
<br />
<img src="http://i1188.photobucket.com/albums/z415/photopallo/miraclola_zps68473006.jpg" align="center"><br />
<br />
Quante volte lo avete sentito? <br />
Quando mi capita di parlare con qualcuno di cicciosità e dintorni, è questa la prima obiezione che mi viene fatta non appena l'interlocutore si rende conto che non solo sono un ciccione ma che <b>non mi sento in colpa per questo</b>. Mi viene detto che "accettarsi come obesi significa in realtà giustificare l'essere obesi". O peggio ancora, apriti cielo, l'obesità. Obiezione spesso condita da battutine, sorrisetti, incitamenti ("dai su ammettilo" ecc.).<br />
<br />
<b>Io non ho sinceramente idea di cosa possa spingere qualcuno a ritenere che io debba giustificare a lui o lei la mia attuale condizione di esistenza.</b> Non so quale perversione egoica abbia preso possesso di chi fa un'asserzione del genere. Ma scherziamo? Giustificarmi? Dovrei sentirmi colpevole per quello che sono? E questo dovrebbe aiutare chi? Chiunque dica una cosa del genere a qualcun altro temo che soffra di un ego smisurato e quindi di una sostanziale insoddisfazione esistenziale. Per questo, penso subito dopo, devo essere tollerante.<br />
<br />
Se voglio dialogare, infatti, sono obbligato a spiegare anche a chi ha urgenza di sostegno psichiatrico. Per esempio, che <a href="http://cicciones.blogspot.it/p/cose-haes.html">avvicinarsi ad HAES</a>, ossia ad una modalità gioiosa e salutare di vivere, è una scelta <a href="http://paolohaes.blogspot.it/">molto personale</a> e molto consapevole. Significa, nel mio caso, scrollarsi di dosso decenni di stigmatizzazione, di colpevolizzazione. Spiego che smettere di sentirsi in colpa per ciò che si è significa accettarsi. E accettarsi porta ad amare se stessi per quello che si è. Tutte cose che chi legge questo blog già ben conosce, ma è davvero sorprendente quanto spesso lo debba evidenziare.<br />
<br />
Se devo essere sincero mi capita anche di non farlo. Di non mettermi lì a raccontare i dettagli, a costruire ponti tra il pregiudizio e la realtà sperando così di cambiare sia il primo che la seconda. Soprattutto se il mio interlocutore è su Internet e non lo conosco granché, magari neppure direttamente. In quel caso mi sembra così difficile superare con una mail o un tweet il condizionamento di cui lui/lei soffre che finisco per lasciar perdere, magari mi limito a mandare un link, o lasciare un tag (#HAES, evidentemente), una sorta di "amo" per la sua intelligenza. Sarà poi lui/lei a decidere che farne.<br />
<br />
In generale, però, mi rendo conto parlandone ora che lo scopo di questo blog, di tutto questo grosso lavoro di indagine che sto conducendo dal 2008, è uno solo. Ricordare a noi stessi che ciascuno di noi è - per dirla con <a href="http://www.silvanoagosti.it/">Silvano Agosti</a> - un grande ed unico capolavoro. Ognuno di noi merita rispetto e amore. Ognuno merita di vivere fino in fondo la propria vita a proprio modo. Lo stereotipo che diventa discriminazione, l'odio che sfocia nella violenza, tutto tende a condizionare i cicci, uomini e donne, a far sentire loro che il proprio corpo è sbagliato. Che sono cresciuti sbagliati. Che sono sbagliati. <b>Ecco, se c'è una cosa che vorrei tanto che questo blog riuscisse a distribuire a chiare lettere tra i suoi lettori è una grande fiducia in se stessi. Siamo esseri unici. Rivendichiamolo</b>. E ricordiamolo sempre, prima di tutti a noi stessi.<br />
<br />
(<a href="http://jaymeleehull.com/celebrate-life/">fonte foto</a>)<br />
<br />
Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-62074185264216429252014-03-06T07:30:00.000+01:002014-03-06T07:30:03.377+01:00E' Godzilla? No. E' la nuda Flabzilla<i>Una città minacciata da un mostro enorme che arriva dal nulla e che ad ogni passo butta giù edifici, schiaccia chiunque si trovi per strada. Ma non è Godzilla. Né un altro Kaijù</i><br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhna0Kg6gY7wegHUUxpWPsmD1LwuDMHgRxiiQd9XPbywuiK66TvEDSvOgE-w4B8Od3AgMdxr6lH_zWylTGkENJZSwwSpDKCSgfk2sbqGjPhTBS-dA2RW9Yox5_pJDHSikMDc51y6hAM9f3C/s1600/Flabzilla5-1024x576.jpg" align="center" width="550" height="266"><br />
<br />
A realizzarlo ci ha pensato <a href="https://twitter.com/lady_in_fur">Kaylegh O'Keefe</a>: si tratta di un videoclip con cui l'artista statunitense ha voluto lanciare un messaggio al mondo sfruttando uno degli scenari più battuti nell'<b>immaginario fantascientifico</b>, quello dei grandi mostri che emergono dalle acque per distruggere le metropoli giapponesi, i cosiddetti "Kaijù". <br />
<br />
A breve distanza dall'uscita nei cinema di un colossal di settore, <em>Pacific Rim</em>, O'Keefe ha voluto infilarsi in questo contesto nel tentativo di spiazzare il pubblico, proponendo <b>la sua singolarissima versione del mostro: Flabzilla</b>. Una donna enorme e nuda che provoca devastazione a Londra. Se ne parliamo qui, evidentemente, è perché Flabzilla è grassa, e la sua inattesa incursione in questo specifico mondo sci-fi ottiene un effetto singolare, a metà tra l'ironico e la denuncia sociale. O'Keefe <a href="http://kayleighokeefe.co.uk/flabzilla-production-filming-set/">ne ha parlato</a> a lungo sul suo blog, dove si leggono tutti i dettagli di una operazione che ha richiesto molte molte ore di preparazione.<br />
<br />
Classificato come #fatactivism, attivismo ciccione, il video ha già raggiunto su Vimeo circa 5mila visite. Come l'autrice <a href="http://212.219.113.19/podcasts/?p=episode&name=2014-02-19_Padfield_and_Wylie.mp3">ha spiegato</a> in radio, il suo scopo è sdoganare l'immagine della donna ponderalmente rilevante rendendola proprio gigantesca, di proporzioni così mastodontiche da togliere carburante all'odio iniettando ironia, comicità con in più l'afflato libertario della nudità. Qui sotto il video:<br />
<br />
<object width="500" height="281"><param name="allowfullscreen" value="true" /><param name="allowscriptaccess" value="always" /><param name="movie" value="http://vimeo.com/moogaloop.swf?clip_id=86784504&force_embed=1&server=vimeo.com&show_title=1&show_byline=1&show_portrait=1&color=00adef&fullscreen=1&autoplay=0&loop=0" /><embed src="http://vimeo.com/moogaloop.swf?clip_id=86784504&force_embed=1&server=vimeo.com&show_title=1&show_byline=1&show_portrait=1&color=00adef&fullscreen=1&autoplay=0&loop=0" type="application/x-shockwave-flash" allowfullscreen="true" allowscriptaccess="always" width="500" height="281"></embed></object> <p><a href="http://vimeo.com/86784504">Flabzilla</a> from <a href="http://vimeo.com/kayleighokeefe">Kayleigh O'Keefe</a> on <a href="https://vimeo.com">Vimeo</a>.</p><br />
Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-30376984676368818112014-03-05T07:30:00.000+01:002014-03-05T07:30:00.289+01:00Si fa presto a dire esercizio fisico<i>A te non piace fare esercizio fisico? Bene, nessuno ti può giudicare per questo. Sei ciccio? Ciccia? La nostra storia ci dice molto, e spesso definisce ciò che vogliamo</i><br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIK9FPcqsnxdgAB0TImeeVVUubABu975P0EhFobzucb3isQl8GD4HV_rXJMGDRBizc9pNP-VY6hswBF1sc8ARP_hQgE6b4VMUFpmEXacyhEObqio2juxuCjQtB1yG_RkF3hq1UbLIyXNBP/s1600/ajaj.jpg" align="center"><br />
<br />
Ce l'abbiamo tutti sulla testa, come una grossa spada appesa ad un filo, anche se non ci chiamiamo Damocle. E' parte della psicosi collettiva sull'obesità. Pende sulla testa di tutti i cicci, che lo vogliano o meno. E', rullo di tamburi, l'<em>esercizio fisico</em>.<br />
<br />
Prima di perderci in questo budello psicotropico in cui si mescolano bullismo e diritti, lasciatemi dire che <b>non siamo qui ad esaltare il movimento fisico</b>. Ognuno di noi conduce la propria vita come meglio crede, se c'è chi fa esercizio fisico ci sarà anche sicuramente chi non lo fa. Le ragioni per cui questo accade sono, in un caso e nell'altro, del tutto personali e insondabili. C'è gente a cui non piace farlo. Giudicare qualcuno per questo è, tanto per cambiare, una inaccettabile semplificazione della complessità identitaria. Ma perché questa premessa? Perché se è vero che c'è a chi non piace muoversi, c'è anche chi invece vorrebbe, ma le proprie esperienze sono tali da tenerlo o tenerla lontano dall'attività.<br />
<br />
Basta parlare con le persone per scoprire che c'è chi non fa movimento perché a scuola veniva preso/a in giro in quanto non "performante", o perché preso/a di mira da istruttori incapaci in palestra, e dio solo sa quanti sono, o magari semplicemente perché ci sono cicci così abituati ad avere un corpo ritenuto "inadatto" all'esercizio che neppure ci provano. Molti crescono con questi condizionamenti e se è il vostro caso, cari cicci miei, non siete soli, ci siamo passati in tanti. Ciò non toglie, anzi conferma, che si tratta di forme di discriminazione che possiamo scegliere di lasciarci alle spalle.<br />
<br />
<a href="http://talkinreckless.com/2014/02/27/my-breakup-with-exercise/">Scrive</a> una straordinaria blogger americana, <b>Leah Bee</b>, su questo tema: "Non sono mai stata una ragazzina molto attiva. Amavo leggere, giocare con i dinosauri di plastica, cercare salamandre nel bosco. Odiavo l'educazione fisica a scuola. Non mi piacevano gli sport. Non mi piacevano le camminate nel bosco o lo sci di fondo, le attività preferite dei miei genitori. Una volta giunta alla pubertà il mio corpo divenne soffice e ciccioso e il mio gelo verso l'attività fisica non era più soltanto un tratto della personalità, improvvisamente divenne un difetto. Un indicatore della mia pigrizia e del mio atteggiamento sbagliato o, almeno, così i miei genitori interpretavano le mie proteste. Capii rapidamente che venivo forzata a fare le passeggiate perché ero grassa. Mia madre mi incoraggiava ad andare con lei in palestra. E io mi sentivo fuori posto, imbarazzata. La mia presenza in questo spazio adulto un po' scuro, pauroso e puzzolente lo vivevo come una punizione per essere una ragazza grassa e pigra".<br />
<br />
Un amico a cui non piace fare esercizio fisico quando vede qualcuno che corre in un parco o guarda me che faccio attività fa spesso la battuta: "hai paura di morire". Già, perché il movimento fisico non permetterà a nessuno di diventare un essere immortale né impedirà, diononvoglia, di venir fatalmente azzannato da un vorace squalo bianco sotto uno splendido sole d'agosto. Il punto, cioè, è che ci sono molte cose che possiamo o non possiamo fare nella nostra vita che hanno un impatto sulla nostra salute. Ma nessuno può imporre ad un altro un comportamento, né un paese può imporre ai suoi cittadini di perseguire comportamenti "salutistici". Se lo facesse, infatti, ci si dovrebbe scontrare con tante altre cose: diritto alle ore di sonno, tipologia di cibo a disposizione, di bevande, di passatempi, con imposizioni sul numero di ore passato a fare questo o quello. Una società totalitaristica, insomma, che pur spaventosa e raggelante pare rimanga la segreta aspirazione dei <a href="http://cicciones.blogspot.it/2014/02/il-bullo-ti-aggredisce-perche-tu-possa.html">bulli della magrezza</a>. La <em>normalizzazione</em> che tanto attira i profeti del salutismo ossessivo non può essere che un'aspirazione utopica ad una società di uguali, cioè di una società destinata ad arrotolarsi su se stessa e morire.<br />
<br />
Tornando a noi. Un modo per lasciarsi alle spalle le esperienze che furono è dirsi quello che l'esercizio <em>non è</em> e <em>non fa</em>. I bulli di cui sopra, sostenuti da mandrie di disinformati e da un business succulento che ci campa sopra, hanno sempre detto che <i>fare esercizio fa dimagrire</i>. E anche se la ricerca non ha prodotto alcuna dimostrazione di ciò, le palestre di mezzo mondo sono piene di cicci - quelli che <a href="http://cicciones.blogspot.it/2013/12/quella-signora-in-palestra-si-vergogna.html">non si vergognano</a> - che passano ore a fare attività ripetitive nel tentativo di perdere chili. Quando non li perdono, naturalmente, intervengono i missionari del dietismo, spiegando che oltre a giocarsi la vita su un'ellittica <b>è anche necessario privarsi delle calorie, dei grassi, del sorriso e del buonumore</b>. Come insegna <a href="http://cicciones.blogspot.it/p/cose-haes.html">HAES</a> se l'obiettivo è perdere peso e non è invece guadagnare in salute, <b>passare vite intere su un tapis roullant potrebbe rivelarsi deludente</b>. <br />
<br />
Scrive ancora Leah: "All'epoca del college cambiò tutto grazie ad una fantastica istruttrice di Aerobica. Presi a fare palestra, cardiofitness, aerobica e vari altri generi di esercizi. Nel giro di due anni avevo iniziato a passare fino a due ore al giorno in palestra, e avevo perso tantissimo peso. Non che fossi soddisfatta di quei cambiamenti, ma mi sentivo sulla buona strada. La moderazione non era certo il mio mantra. Poi, quando ho iniziato a lavorare, non ho più avuto quelle ore ogni giorno per l'attività fisica". A quel punto sono cambiati anche gli istruttori nella sua palestra, e quindi anche quel poco che faceva ha smesso di essere piacevole. Tre anni dopo "sono più pesante di quanto sia mai stata nella mia vita. Per la maggiorparte del 2013 sono stata sedentaria. Ho avuto vari tentativi di tornare in palestra. Ma ogni volta capitava qualcosa, come un istruttore che mi si avvicinava mentre faticavo sull'ellittica per dirmi cose come <em>Brava, stai facendo i primi passi verso una migliore te stessa</em> o cavolate come questa. Volevo dar loro un pugno, tutte le volte che lo dicevano. Io sono già una migliore me stessa. Ho degli interessi, ho degli amici. Ho una vita. Ma magari poi peggioravano la cosa cercando di farmi abbonare per avere sessioni di personal training perché <em>chi è all'inizio ha sempre bisogno di qualcuno che mostri come fare le cose per bene</em>. Io all'inizio? Ma scherziamo?"<br />
<br />
Come <a href="http://danceswithfat.wordpress.com/2014/02/28/messy-breakups-with-exercise/">dice</a> <b>Regan Chastain</b>, celebre teorica HAES, la ricerca non ci spiega come dimagrire consumando le suole su un tapis roullant, ci parla invece di <strong>moderazione</strong>, la qualità che mancava a Leah. Ci dice, infatti, che fare ogni giorno più o meno una mezz'ora di attività moderata è un consiglio utile a tutti, perché tende ad aver un effetto benefico sulla propria salute.<br />
<br />
Riassumendo: nel tentativo di riappacificarci con l'esercizio fisico, se questo è ciò che si vuole, magari per iniziare <a href="http://paolohaes.blogspot.it/">un percorso HAES</a>, possiamo smetterla di pensarci come "atleti mancati" e fissare obiettivi realistici, prima di tutto piacevoli. Andare per tentativi, esplorare le diverse possibilità di fare attività e vedere quali ci sembrano più gradevoli, scoprendo come reagisce il nostro organismo. Soprattutto, e questo è probabilmente lo scoglio più duro, <b>è necessario puntare alla salute e non al dimagrimento</b>. In ambito HAES, come sa chi segue questo blog, perdere peso può essere un "effetto collaterale" di una ritrovata gaiezza dell'esistenza, ma se diventa quello l'obiettivo primario si rientra nel circolo vizioso del dietismo. E, in quel caso, non c'è attività che tenga, la tragedia, la depressione e il fallimento sono dietro l'angolo.<br />
<br />
(<a href="http://cardioequipmentblowout.blogspot.it/">fonte foto</a>)<br />
Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-22291812588271557752014-03-04T07:30:00.001+01:002014-03-04T07:30:03.187+01:00Tevez, un calciatore sovrappeso che spiazza tutti<i>Su certa stampa e sui social non si fa che mettere in ridicolo chi criticava Tevez per i suoi "chili di troppo". Val la pena dire due cose sulla faccenda</i><br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjM_FxtIt_iaXpHxMsRftFzlUtElbhuRefznKPkS-c1OyifOLDf-C-mErNrlOP9ulaCyJxh6y7buojdttN8h766XTlJm0_Ghsl1rIzUKCyaq0ZLihuLslRsdUdA1cUbEIogEdI9rxP3wV4C/s1600/tevesso.jpg" ALIGN="CENTER"><br />
<br />
Premetto che di calcio non so alcunché. Da quando smisi di seguirlo, dopo una infanzia pseudoromanista, mi ricordo del calcio solo in occasione dei Mondiali per un qualche peraltro incomprensibile rigurgito paranazionalista. Detto questo, mi è proprio impossibile non parlare di <b>Carlitos Tevez</b>, che mentre scrivo è capocannoniere del campionato di serie A (ha cioè segnato più gol di tutti gli altri) e a quanto leggo osannato giocatore della Juventus. <b>Tevez, infatti, era stato ampiamente criticato perché sovrappeso</b>.<br />
<br />
Ora, piombando come un falco sulla questione, approfittando di un fuoriclasse del pallone per scaldare il brodo delle nostre tesi anti-discriminazione, potremmo dire che gli straordinari risultati sportivi del campione argentino <b>dimostrano come la normoforma non garantisca nulla</b>. Non garantisce la salute (si ammalano puntualmente anche i magri, anche delle patologie spesso collegate all'obesità) né garantisce una migliore prestazione atletica (vedi appunto Tevez, ma anche certe olimpioniche della corsa). Quello che invece garantisce la normoforma, ossia una taglia del proprio corpo che aderisca a quella della maggioranza, è l'integrazione.<br />
<br />
Tevez, ora osannato a 360 gradi, non è stato facilitato nella sua "inclusione". Anzi. E' stato a lungo <a href="https://www.google.it/search?q=tevez+sovrappeso&ie=utf-8&oe=utf-8&rls=org.mozilla:it:official&client=firefox-a&channel=sb&gfe_rd=ctrl&ei=yW8UU-mqF6yO8QeF9YCgCw&gws_rd=cr">nel mirino dei critici</a>, spesso giornalisti sportivi accreditati, <a href="https://twitter.com/search?q=tevez%20sovrappeso&src=typd&f=realtime">proprio</a> per le sue forme abbondanti. Sul campo ha dimostrato che quelli erano pregiudizi.<br />
<br />
Ma non c'è solo questo da dire. <b>Accade infatti che Tevez non sia in sovrappeso</b>. Perché il sovrappeso non esiste. Cosa vorrebbe dire "sovrappeso"? Se lo chiedete ad un giornalista sportivo vi dirà che è un peso superiore a quello di uno standard atletico comune, cioè il peso di qualcuno con una massa grassa <em>eccessiva</em> per il compito a cui si sottopone. Ma, come si vede, sono pregiudizi. Se lo chiedete ad un medico non molto aggiornato vi dirà che sovrappeso è quando la massa grassa non supera il 30 per cento del peso corporeo, perché oltre quella percentuale si parla di obesità, indipendentemente da qualsiasi altra considerazione (alimentazione, allenamento sportivo ecc.).<br />
<br />
Se è del tutto risibile l'assegnazione di un "sovrappeso sportivo" a Tevez per - pare - sei chili di "troppo", è ancora più risibile ritenere che a contare non debbano essere né la salute né le prestazioni di un atleta, ma il suo peso. Tanto più in uno sport dove non ci sono differenziazioni per classi di peso.<br />
<br />
In più, lasciatemi dire che <b>sovrappeso è una espressione discriminante</b>. Non affermando nulla, viene comunque utilizzata, lasciando intendere uno stato dell'individuo "non conforme", in qualche modo "sbagliato" e "da correggere". Che è come dire che una persona è "sbagliata" per il solo fatto di essere ciò che è. L'anticamera, insomma, di una società totalitaristica.<br />
<br />
Come dunque definire la forma di chi non è normoforma? Come "classificare" i nostri corpi? Fosse anche solo per spiegare <b>ad un passeggero normoforma in aereo o in treno che non è colpa dell'obeso che ha a fianco se lui sta stretto nel suo sedile</b>, è colpa semmai di chi il treno lo ha progettato pensando che l'umanità venga prodotta in una sola forma? Ecco, volendo proprio definire in modo non-discriminante le forme dell'umanità potremmo parlare di "forma snella", "snellissima", "tonda" o "molto tonda". Diciamo quindi che il grande Tevez e i suoi sei chili potrebbero rientrare in un "tondina" o "appena tonda" o "quasi tonda". E voi? Quanto tondi siete? Lo siete? Siete "quasi snelli"?<br />
<br />
Qui sotto un vecchio video che facemmo per CCD, con una carrellata di campioni tondi, che potremmo consigliare ai giornalisti sportivi di cui sopra:<br />
<br />
<object width="420" height="315"><param name="movie" value="//www.youtube.com/v/QOQM4yXofFI?version=3&hl=it_IT&rel=0"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><param name="allowscriptaccess" value="always"></param><embed src="//www.youtube.com/v/QOQM4yXofFI?version=3&hl=it_IT&rel=0" type="application/x-shockwave-flash" width="420" height="315" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true"></embed></object><br />
<br />
(<a href="http://www.ultimenotizieflash.com/sport/2013/07/09/juventus-allarme-tevez-e-in-sovrappeso/">fonte foto</a>)<br />
<br />
Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-23906231046073620952014-03-04T07:30:00.000+01:002014-03-04T07:30:00.211+01:00Così ti anniento la Cicciofobia<i>Il Tumblr contro l'odio acquista sempre più popolarità. Le rivendicazioni di cicci e cicce si diffondono in rete e sempre più spesso anche sui media. Avanti così</i><br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSty4RWuyRPSRkS_vey0KVYy9mMASBKLCBxQX5qBQXMUHQSlU9h9oEDEHb0wfngmKHWM4C0_1uxQvwp3KXtCMyNou3S92j-7r3O7CsnTGxX-v0qi3zTiyo5Mdv5YQmH6qrcP1GgTYFB3tY/s1600/fat-phobia.jpg" align="center"><br />
<br />
C'era una volta la diffidenza verso il diverso, l'acrimonia verso la complessità e l'odio verso i ciccioni. Ma forse, un lontano domani, potremo essere felici. Questo è quello che pensano i creatori di un sito che spopola, un Tumblr sulla e contro la Cicciofobia che sta acquisendo sempre più lettori e seguito, e che spesso finisce su quotidiani e riviste internazionali. Non è un caso: <b>le rivendicazioni di libertà e individualità contenute dalle parole pubblicate da obesi uomini e donne sono scandalose per la società avviluppata nella monoforma</b>.<br />
<br />
<a href="http://thisisthinprivilege.tumblr.com/">This is Thin Privilege</a>, Tumblr il cui titolo potremmo tradurre approssimativamente con un <em>Contro la Cicciofobia</em> o più aggressivamente con un <em>La superbia della magrezza</em>, è un coacervo di rivendicazioni, scoperte personali, dubbi e accuse. Tutte più o meno dirette ai sostenitori della monoforma da parte di cicce e cicci. E' un sito che <b>prende di mira quell'odioso consenso sociale di cui gode spesso chi esprime odio verso gli obesi</b>.<br />
<br />
Sono una infinità i post che potrebbero essere presi e analizzati per capire di cosa stiamo parlando e del perché sia uno "snodo" di comunicazione interessante, ma ne ho scelto uno che mi sembra indicativo di <b>quanto sia importante per cicci e cicce prendere coscienza del proprio ruolo nella società, uguale a quello degli altri, e con gli stessi diritti di chiunque altro</b>. Se c'è un grosso ostacolo sulla via della liberazione ponderale, del giorno in cui l'umanità non sarà più giudicata per la propria forma, è spesso proprio l'autocastrazione in cui indulgono molti cicci e cicce, <b>spinti a questo atteggiamento deleterio e autoflagellante da una società che li odia</b>. Ma ecco una veloce traduzione del post che dicevo, un post dedicato proprio al sito che lo ospita:<blockquote>"Grazie a te non ho solo imparato ad accettare il mio corpo, ma anche ad amarlo. Mangiare non è più un evento ansiogeno, è un piacere. Ho imparato che meritiamo negozianti che non si interessino alla mia forma ma mi aiutino ad apparire e sentirmi bene, anziché andare a far shopping per finire in lacrime dopo non aver trovato nulla della mia taglia. <br />
<br />
Ho lasciato un medico, e ora ne ho uno che non mi ha mai spinto a far nulla che fosse collegato al mio peso, né suggerito di perdere peso come trattamento. E non solo la merito, ma quella dottoressa dovrebbe essere la norma per tutti.<br />
<br />
Sull'autobus o in metro prendo lo spazio che occupo perché è il mio spazio, e non ne occupo di più con bagagli extra sul sedile accanto o aprendo il più possibile le mie gambe, e non trattengo la pancia se qualcuno mi si siede accanto.<br />
<br />
Grazie a te, grazie a ThisIsThinPrivilege e alla sua comunità, senza di voi odierei ancora me stessa, il mio corpo, e non mi sentirei all'altezza di avere cure mediche di qualità o vestiti che mi stiano bene o ossigeno da respirare. Io non avevo mai pensato, mai, che avrei potuto amare il mio corpo e me stessa. Ma è così, ora, e si vede".</blockquote>C'è bisogno di ripeterlo? Amare se stessi significa ritrovare la gioia di vivere, vivere in modo salutare, significa amare ed essere amati, significa aiutare gli altri e partecipare alla vita della propria comunità. Ripetetelo a chi ancora non ha capito che i suoi pregiudizi, il suo odio, la sua ostilità sono un "thin privilege", sono Cicciofobia. E spiegategli che la sua ignoranza, condivisa dagli inconsapevoli, rende più piccolo e brutto il mondo di tutti.<br />
<br />
(<a href="https://aloftyexistence.wordpress.com/tag/prejudice/">fonte foto</a>)Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-8145832386508146802014-03-03T07:30:00.000+01:002014-03-03T07:30:00.180+01:00Alle ragazzine insegnano che devono essere sexy<i>Basta girare per i negozi, guardare i giocattoli o i videogiochi per le più giovani. Spinte in ogni modo a diventare loro stesse merce per lo sguardo maschile. Le conseguenze più dirette? Discriminazione, depressione, disturbi alimentari</i><br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJ73RGEeCj7TLNlSAg8UjW27mqLJb1NtxCJ608P304H6y8iJwVC3EbBJfSr2gKXUEBMPdkQba5YwtVWUp7s9RXmYYFx-idJAvMrHqf45pcidwXi5l6bvxcZhnZ5nnN6YKwy_c_3PdmTKiB/s1600/twiz2.jpg" align="center"><br />
<br />
E' mai possibile che a decenni dalla nascita del movimento femminista, dopo eoni di discussioni e dibattiti sull'argomento, avendo alle spalle centinaia di migliaia di pagine, libri e bit dedicati a combattere la faccenda... Ecco com'è possibile che ancora oggi si debba parlare dell'influenza nefasta, per certi aspetti drammatica, del "mercato" e dei media su uomini e donne? Se lo si fa qui ora è perché ad essere prese di mira sono ancora, anche e soprattutto le più giovani, <b>ragazzine che si meriterebbero qualcosa di meglio di un mondo che dice loro di dover essere sexy</b>. Se ne parliamo qui non è solo per l'indignazione che provoca questo stato di cose ma anche perché questi messaggi concorrono a scatenare molti dei più drammatici disturbi della personalità e disturbi alimentari, ed è su questi disvalori che si basa gran parte della discriminazione odiosa di cui sono vittime le donne da giovani e da adulte. <br />
<br />
A parlarne compiutamente è un bellissimo articolo <a href="http://www.theguardian.com/lifeandstyle/womens-blog/2014/jan/10/little-girls-deserve-better-toys-sexism?CMP=twt_gu">uscito</a> in questi giorni sul "Women's Blog" del <em>Guardian</em>, un importante giornale d'oltremanica. Un articolo che parla anche di <b>oggetti teoricamente innocui come i giocattoli e videogame, spesso avanguardia di un assalto sociale all'identità femminile</b>. Si parla di cose nei computer e sugli scaffali britannici, non molto diversi da quelli nostrani. Non sono tutte novità, ma sono in commercio, e questo dovrebbe bastare a far inorridire chiunque.<br />
<br />
Dalle offerte dei grandi magazzini (Harrods che per 1000 sterline si offre di "trasformare" le piccole consumatrici fino ai 12 anni in Reginette stile Disney a suon di accessori vestiti e trucco), ai siti che diffondono videogiochi come Hollywood Beauty Secrets, per solleticare il desiderio di apparire sexy e desiderabili. La "cerimonia" di Harrods si conclude con il giuramento della bimba di essere "buona e gentile" e con una confezione completa per il makeup di cui, evidentemente, tutte le bimbe han bisogno.<br />
<br />
Ci sono videogiochi "pensati" per le bimbe, come "Selena's Date Rush" o "Back to School Makeover" in cui - scrive il <em>Guardian</em> - "si ripetono le stesse logiche. Alle giocatrici viene data la possibilità di fare il makeup ad una bambolina digitale utilizzando tutti i prodotti di bellezza disponibili o prepararsi per un appuntamento galante il primo giorno di scuola. <b>Il messaggio è sempre quello: conformarsi agli standard di bellezza e buttarsi sui prodotti di bellezza, queste come priorità per qualunque ragazzina</b>". Lo stesso dicasi per giochi come "Dream Date Dress Up", dove si leggono cose come "hai l'appuntamento più importante della tua vita, stordiscilo con la tua bellezza". O istruzioni ancora più esplicite: "Quando Justin è venuto a prenderla questa mattina, lei si era svegliata senza makeup! Aiutala a completare il suo makeup prima che Justin se ne accorga". Sia mai che il giovane Justin possa sospettare che la bimba non dorma tutta truccata.<br />
<br />
Questi messaggi sono marketing del marketing, vendono illusioni alle bimbe e le predispongono ad essere le consumatrici di domani, quando i dindi li tireranno fuori loro e non più i genitori. Un condizionamento massivo che si svolge in tutti i settori commerciali e ad ogni livello ma che in questo specifico caso impatta direttamente sulla salute dell'individuo e moltiplica la diffusione dell'odio sociale.<br />
<br />
Si tratta di messaggi pervasivi e ubiqui, che spesso permeano anche l'offerta di marchi di grande richiamo, sostenuti da "consigli di bellezza" dei siti dedicati specificamente alla "bellezza" e che spesso si rivolgono proprio alle giovanissime. Come il Top Model Magazine, stigmatizzato dal <em>Guardian</em> perché invita le adolescenti a capire cose come "il Mascara da solo non basta! Devi fare di più per raggiungere un look solare!" "E poi - scrive il <em>Guardian</em> - non mancano i suggerimenti alle adolescenti su come pizzicarsi ruotando la mano sulle cosce per evitare la cellulite. Giusto per imparare da subito che il dolore è la via alla bellezza per ogni donna".<br />
<br />
"Così rispondiamo - scrivono gli autori dell'articolo - a chi pensa che la nostra sia una reazione esagerata. E' vero. Prese singolarmente queste singole cose... Ma tutte insieme consentono di comprendere l'impatto enorme che possono avere sulle giovani ragazze. Ovunque sono bombardate con l'idea che il modo in cui appaiono sia tutto, che il loro posto sia la casa, che soddisfare lo sguardo maschile sia la cosa più importante, e vengono bersagliate dalle imperfezioni che bisogna <em>sistemare</em>. Come se il bombardamento costante di donne ipersessualizzate sui media non fosse già abbastanza per comunicare un messaggio del genere".<br />
<br />
Vista da qui, e da uomo che non si considera un bacchettone, avverto chiarissimamente l'allarme lanciato dal quotidiano britannico. <b>Questa cosa ci sta sfuggendo di mano</b>. Ed è inutile ricordare quanto tutto questo pesi sulla salute delle giovani donne. Non solo perché depressioni e disturbi alimentari sono spesso legati proprio al sentirsi incapaci di raggiungere "lo standard", ma anche perché chi invece cavalca l'onda ha una spinta doppia a diffondere odio ed escludere chi "non ce la fa". <b>La discriminazione ha sempre due vittime: chi discrimina e chi è discriminato, entrambi immersi nell'odio.</b><br />
<br />
Possiamo scegliere di ignorare i segnali che il mondo che abbiamo costruito dà ai più giovani. Possiamo dire che è compito delle famiglie, o della scuola, occuparsi di queste cose. Intanto però, là fuori, qui nelle nostre case, molte, troppe ragazzine sviluppano vere e proprie ossessioni sul proprio corpo, con conseguenze a cascata sulla propria salute e la propria felicità. E' davvero possibile continuare a far finta di niente?<br />
<br />
<i>(nell'immagine alcune news emblematiche prese da Twitter.com)</i>Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-53200647693472390972014-03-02T07:30:00.000+01:002014-03-02T07:30:00.757+01:00C'è anche chi ti vuole entrare nel cervello<i>"Se tu che leggi pensi che il suo comportamento sia stato violento, beh io sono d'accordo con te. Ma ecco, io ne ho parlato perché vorrei che tu sapessi che questo è quello che accade continuamente ai ciccioni"</i><br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsUsoQiIJSUAyqggrnvEZeGoGfrZ5FRgdOS4Q-rnUU8eQ024ZBTlsC50vi1kY5Y95Jstxy8ih0EvqIRyzz98K-MOvXeRCztNkaO1nJjzh8ZYP-u4j5qjvuQpnD0po3x7n3wJVMN73YeWsD/s1600/ali+and+josh.jpg" align="center" width="500" height="330"><br />
<br />
<b>Ali Thompson</b>, nella foto sopra col fidanzato Josh, non è una dei militanti che si oppongono alla crociata per l'eliminazione psicologica degli obesi, è una disegnatrice di fumetti e una painter statunitense. Sul suo blog ha lasciato <a href="http://alithompsonart.com/blog/2014/2/7/my-health-is-my-business">una testimonianza</a> che dovrebbe far riflettere tutti e che val la pena leggere. Eccola in una rapida traduzione:<br />
<br />
"Odio la parola Salute. Appena viene fuori ecco qualcuno che inizia a dire cosa bisogna fare per stare in salute. Mi manda il sangue alla testa. Specialmente se mi vengono a dire cosa dovrei fare io per la mia salute.<br />
<br />
Come persona grassa, la gente sembra volermi aiutare con la mia salute ad ogni pié sospinto. E mi riempio di rabbia. <br />
Perché? Perché dovrei arrabbiarmi così tanto alla parola Salute?<br />
Vediamo. Forse perché la gente utilizza le proprie idee sulla salute per diminuire la mia intera esistenza? Per stigmatizzarmi, punirmi? Già, forse per questo.<br />
<br />
L'anno scorso ho partecipato ad un corso sul Benessere dell'azienda per cui lavoro. Chi partecipava riduceva di qualche punto percentuale l'aumento già previsto nell'assicurazione sanitaria. Ho partecipato ad una sessione chiamata "Biometrica". Hanno prelevato del sangue per valutare il colesterolo e mi han detto che dovevo pesarmi. Ma io non voglio pesarmi, non voglio sapere quel numero perché qualunque numero sia riattiva il mio disordine alimentare.<br />
<br />
Io ci ho messo tanto per gestire quel disordine. Solo recentemente ho capito davvero di soffrirne, di farmi del male da sola. Che poi è quello che la società chiede ad una cicciona no? Odiarsi finché non diventa magra, andare in giro annegando nell'autocommiserazione e autopunendosi continuamente no? <br />
<br />
Salire su una bilancia attiva pensieri negativi nel mio cervello. Così ho chiesto all'infermiera del Corso se potevo evitarlo. Mi ha detto di no. Ho spiegato che non volevo vedere il numero. "Ho un problema e vederlo mi farebbe male". <br />
<br />
Avete idea di quanto sia difficile dire una cosa del genere ad una perfetta sconosciuta? Quasi mi sono strozzata dicendolo, lei quasi non ha risposto. Quando sono salita sulla bilancia elettronica ho chiuso i miei occhi e li ho coperti con la mano. Appena scesa dalla bilancia, l'infermiera mi ha schiaffato in faccia la stampa con il numero scritto sopra, e così non avevo modo di evitare di leggerlo. "Questo lo devi vedere", mi ha detto, annegando in una smorfia di ipocrita preoccupazione.<br />
<br />
La parte del mio cervello con quel disturbo alimentare è rotta. E' rotta, e tenta di farmi del male. Io ci costruisco intorno delle mura, perché è qualcosa che non posso sistemare altrimenti. <b>Non posso tornare indietro a quando da bambina venivo stigmatizzata e discriminata, a tutte le cose che hanno dato vita a quel disturbo alimentare</b>. Ma quello che posso fare è costruire delle mura per tenere sotto controllo quella parte di me. Ed ecco che quell'infermiera ha lanciato una cannonata contro quelle mura. Anche dopo che l'avevo avvisato. <b>E, come ha detto lei, lo ha fatto per la mia salute</b>.<br />
<br />
Se tu che leggi pensi che il suo comportamento sia stato violento, beh io sono d'accordo con te. Ma ecco, io ne ho parlato perché vorrei che tu sapessi che questo è quello che accade continuamente ai ciccioni. Direi che la maggiorparte delle mie interazioni con medici e personale sanitario sono di questo tipo.<br />
<br />
Tutto è iniziato quando da piccola mia madre disse al pediatra che avevo allergie alimentari. "Beh - ha risposto lui - devono funzionare al contrario, perché sua figlia è grassa!". Non poteva smettere di ridacchiare per la sua battuta e mia madre non rispose alcunché. <br />
<br />
Quasi ogni singolo medico o infermiere che abbia incontrato nella mia vita aveva da dirmi qualcosa di orrendo sul mio peso. Dico al dottore che mi sono ferita il ginocchio in un incidente d'automobile? Lui mi dice di perdere peso. Gli dico che l'anticoncezionale mi provoca attacchi di panico? Lei mi dice che non è nulla e che se perdessi peso passerebbero anche quelli. Non solo. Ci sono medici capaci di dirti che mangi schifezze tutto il giorno e ti abbaiano che sei un bugiardo se dici di no, perché sono talmente grassa che sicuramente mangio ogni pasto da McDonald's. <br />
<br />
<b>I medici non mi credono. Ma perché dovrebbero? Nessuno lo fa. La gente non si trattiene dal fare battute di qualsiasi genere su quello che io mangio.</b> Sono sorpresi, e lo vedi, quando vedono che mangio cibi salutari, perché è ovvio che una come me mangia sicuramente 3 o 4 enormi pacchi di patatine al giorno, o qualsiasi cosa gli aiuti a giudicarmi.<br />
<br />
Lasciati dire, a te che leggi, a te Mondo, che non c'è equivalenza tra peso e salute. Non solo: nessuno si sente in obbligo con te nell'adottare per la propria vita ciò che tu pensi che sia salutare. Alcune persone non possono fare quello che fai tu. Altri non vogliono, o non hanno tempo, o qualsiasi altra cosa.<br />
<br />
Tutti abbiamo diritto alla stessa dignità e considerazione, anche se tu pensi che non siamo in piena salute. Sono grassa, ho un disordine alimentare e soffro di crisi d'ansia. Come società abbiamo deciso che la crisi d'ansia va bene, perché non è colpa mia, ma che il disordine alimentare non è reale, perché è colpa mia se non sono magra, e dato che la colpa è mia merito di essere punita dalla società.<br />
<br />
Viviamo in un mondo dove chiunque sia a dieta ritiene di avere la verità in tasca, in un mondo dove il tuo datore di lavoro ti manda inviti a partecipare a seminari sul dimagrimento. Per il mio bene, naturalmente.<br />
<br />
Lo stigma anticicci non si palesa solo quando qualcuno mi chiama cicciona di merda. Si avverte anche quando uno non può vivere la propria vita senza la paura che in un qualsiasi momento arrivi qualcuno che debba parlarti della tua salute. Lo stigma è costringere i ciccioni a pagare di più per la propria copertura sanitaria, è dover comprare su Internet i miei vestiti perché nei negozi su strada non ci sono le taglie, sono le prese in giro per i compagni e le compagne dei ciccioni, che a volte arrivano persino ad andarsene per evitare di essere tirati in mezzo.<br />
<br />
L'odio per i ciccioni è nell'aria, così integrato alla loro vita che molte persone nemmeno lo mettono in dubbio".<br />
<br />
Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-3412786786852506302014-03-01T07:30:00.001+01:002014-03-03T09:04:35.070+01:00E quei ciccioni nel video dei 5SOS? Parliamone<i>Per una volta una buona notizia: tra i ragazzi spopola un videoclip dove cicci e cicce sono come tutti gli altri. E piacciono ai giòvani. Quelli con la "o" aperta</i><br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjVgTPi6D-vQk72SGhKPruz2yqoZe0dQAcIuG_CVRMmUJoVFAJ3sVO9H71XZkcwobzGjZuFloYsSAEvbmdS7Y87YycUFZJGYRtcjv2kkF-oOez2ooCzWOXcpK18bgKyc1zB2tRN6yKNgoKl/s1600/ideoa.jpg" align="center"><br />
<br />
Sono quattro ragazzi magri belli e palestrati, come si addice ad ogni band che punta ai <em>giòvani</em>, sono gli australiani <em>5 seconds of summer</em>. Un loro videoclip parla per molti aspetti di cicciosità. E il messaggio che ne emerge ci piace moltissimo.<br />
<br />
Sebbene l'immagine del gruppo musicale sia un capolavoro del marketing, chi ha immaginato e realizzato il video è andato ben oltre la consueta "mission" dei <em>5SOS</em> e ha confezionato un ambiente in cui si vedono corpi di varia umanità seminudi: magri, meno magri, cicci e ciccioni. Tutti insieme, tutti con le loro caratteristiche, tutti con la loro uguale diversità.<br />
<br />
Che la cosa sia piaciuta anche al pubblico giòvane è facile verificarlo. Sui social network i commenti positivi non mancano, alcuni sono pubblicati nell'immagine qui sopra. <br />
Ecco, chissà: altri duemila anni di video musicali così e finalmente la gente sentirà nel cuore che essere tutti diversi è bello. <br />
Bravi 5SOS! Ecco qui sotto il video:<br />
<br />
<object width="560" height="315"><param name="movie" value="//www.youtube.com/v/X2BYmmTI04I?hl=it_IT&version=3&rel=0"><param name="allowFullScreen" value="true"><param name="allowscriptaccess" value="always"><embed src="//www.youtube.com/v/X2BYmmTI04I?hl=it_IT&version=3&rel=0" type="application/x-shockwave-flash" width="560" height="315" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true"></object> Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-69715848512219074362014-02-28T07:30:00.003+01:002014-02-28T07:30:03.737+01:00Gli obesi non esistono<i>Esistono persone grasse. Ma non sono un insieme omogeneo. Sorry, divulgatori, giornalisti e dietisti improvvisati, gli obesi non esistono. Pensarlo, dirlo, comunicarlo, però, diffonde odio e pregiudizi</i><br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiE6qRrTuFTyT_Qh_wu0pjRttTXBVFOEVVNsiv3NyhIlTl9YPKmxc5-md-D6fhzpGrkswYCE2We7UNnfN4YiziegjnTMZvD942xh6IerSAc7Vp7PNvIQ9Rp1NOnTxKBtjceDAA43eiOApTU/s1600/giappaz.jpg" align="center"><br />
<br />
Mi capita sempre più spesso di discutere con giornalisti e divulgatori scientifici, conversazioni estremamente interessanti perché permettono di misurare rapidamente quale sia la distanza tra la comunicazione attorno all'obesità e la realtà dell'obesità. Una distanza siderea.<br />
<br />
Oggi sono qui a scrivere che gli obesi non esistono. <br />
<br />
E non perché non ci siano persone obese. Basta guardarsi intorno. Ce ne sono, eccome. Ma perché l'obesità non rappresenta un minimo comune denominatore tra di loro, non uno, almeno, utile a comprendere di cosa stiamo parlando.<br />
<br />
Un divulgatore pieno di buone intenzioni e autore di un articolo atroce sull'obesità qualche giorno fa cercava di venirmi incontro ammettendo, bontà sua, che il problema di molti obesi è che si ritengono sbagliati ma che se ci lavorano sopra possono "riprendere le redini" della propria vita. Non so se è l'influenza nefasta dei <a href="http://cicciones.blogspot.it/2014/02/in-tv-vince-il-reality-del-dimagrimento.html">reality antiobesi</a> che urlano odio dalle tv di tutta Italia, ma è proprio questo che ha scritto. Il massimo che riusciva a concedere, a se stesso ancora prima che agli obesi, è che l'obeso può (e quindi deve) "tornare sulla retta via". E che quindi bisogna dirglielo, insegnar loro, spiegare. E' un <a href="http://cicciones.blogspot.it/2014/02/il-bullo-ti-aggredisce-perche-tu-possa.html">mestieraccio</a>, insomma, ma qualcuno glielo deve pur dire che sono obesi. Questa è la sostanza. Ma non è di questo che volevo parlare oggi. <br />
<br />
Il punto è che questa pregiudiziale ridicolizzazione paternalistica degli obesi non riesce non dico a rappresentarli tutti, ma nemmeno una parte, e comunque non una parte determinata, né riesce a disegnare un insieme omogeneo. In pratica è come parlare di tutti quelli che indossano una maglietta verde, senza però sapere quanti la indossano solo la mattina, o magari per dormire la notte a mo' di pigiama, o magari pensando che la indossino anche quelli che la tengono in armadio ma non la usano mai, o quelli che l'hanno trasformata in un altro colore con un bucato sbagliato. Però, nonostante tutti costoro abbiano una maglietta diversa e ci facciano diversi usi, continuiamo a parlare di loro come di "quelli che indossano la maglietta verde".<br />
<br />
Non è neanche una generalizzazione, di per sé peccato capitale, certo, ma non è questo il caso. Non è estendendo a tutta la gente tonda le caratteristiche che si riscontrano in alcuni obesi, o magari in uno solo, che si fa un passo avanti nel capire di cosa stiamo parlando. <br />
<br />
Quello che invece si fa, magari anche in buona fede, quella buona fede figlia dell'insopprimibile istinto ad aiutare il prossimo anche quando il prossimo vorrebbe non esserlo neppure, prossimo intendo, quello che si fa dicevo è <i>propagare odio</i>. Nel momento in cui semplifico e dico che tu, che sei ciccione, hai certe caratteristiche di vita, hai fatto certe scelte, hai un certo problema, io non solo faccio di te un malato anche se non lo sei ma ti giudico, offrendo a chiunque legga (o ascolti, poco cambia) una chiave di lettura immediata e, per quanto idiota, facile. Non mi interesso alla tua vita, a come la conduci, io <em>suppongo a priori</em>, cioè <em>ti pregiudico</em>, che la tua vita sia fatta di abbuffate colossali, pigrizia, nessuna forza di volontà, nessun movimento fisico. Presuppongo che tu, indipendentemente da chi tu sia, aderisca al mio standard.<br />
<br />
Quindi sì. Ci sono persone obese, nel senso di grasse. Ma gli obesi, nel senso di insieme tecnico, non esistono. Si chiama complessità, baby, e semplificare non aiuta ad affrontarla. Anzi <a href="http://cicciones.blogspot.it/2014/02/dover-fronteggiare-lodio.html">allontana</a> le persone le une dalle altre, segrega, uccide o <em>suicida</em>.<br />
<br />
(<a href="http://www.visioncritical.com/blog/broader-view-outside-your-own-insight-community">fonte foto</a>)<br />
Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-46873467559256566132014-02-27T07:30:00.000+01:002014-02-27T07:30:02.364+01:00Il bullismo disgrega la salute dei giovani <i>La conferma in una nuova ricerca: gli effetti sulla psiche del bullismo nei giovani sono tanto più gravi quanti più sono gli anni in cui si subiscono le violenze<br />
</i><br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLZZlcvy4Ol_ZDl2Mr-eJIS2fumyQCh5b4CoNVF_ZEEiOy6zkw_ty2-QNdW26om1A7Ze1ddH2vH7IwEvthTFbLO6k1N10PYiF0b6bgwU0JN8tSE_gSY56Uum9dhsRDu8_Xjz-A9xp7z4Xj/s1600/ullismo.jpg" align="center"><br />
<br />
No, non c'è solo il bullismo di una battuta in televisione, dell'occhiataccia di un vicino o di un collega che vuole farti dimagrire, il bullismo più pesante è quello che si subisce nell'infanzia e che non riguarda solo i cicci. Un nuovo studio psichiatrico <a href="http://psychcentral.com/news/2014/02/18/effects-of-bullying-can-be-persistent/66064.html">suggerisce</a> che più a lungo si è subito il bullismo, più gravemente e per più tempo se ne sconteranno le conseguenze.<br />
<br />
Il bullismo dei coetanei, <a href="http://cicciones.blogspot.it/2013/11/bimbi-e-obesita-le-radici-dellodio.html">istruiti loro malgrado</a> da famiglie e tutori, secondo quanto riportato da <em>Pediatrics</em>, <b>causa tanti più danni alla salute dell'individuo quanto più a lungo si è stati sottoposti alle violenze</b>.<br />
<br />
L'idea dei ricercatori è stata quella di valutare l'impatto del bullismo nel corso del tempo, studiando le dinamiche giovanili tra scuola elementare e scuola superiore. "Il nostro studio - ha dichiarato una delle autrici Laura Bogart - indica che il bullismo di lungo periodo colpisce duramente la salute generale del fanciullo, con effetti negativi che si accumulano nel tempo e che possono poi peggiorare ulteriormente. Ciò dimostra quanto sia importante agire di più contro il bullismo, perché prima si ferma la violenza, prima il bambino si libererà degli effetti sulla propria salute".<br />
<br />
La ricerca ha rilevato un gruppo di quasi 4300 ragazzi di cui è stata tracciata la salute mentale e psichica in correlazione alla propria esperienza con il bullismo. In generale, dicono i ricercatori, subire il bullismo riduce la salute mentale, aumenta i casi di depressione e allontana dall'attività sportiva.<br />
<br />
Chi ha sperimentato bullismo nel passato e nel presente ha un profilo di salute compromesso. "Non ci sono approcci risolutivi nel bullismo - dicono gli scienziati - ma fornire a insegnanti, genitori e medici un quadro di riferimento può aiutarli ad aiutare i bambini che devono fronteggiare questo problema e almeno ridurre i danni che provoca".<br />
<br />
(<a href="http://sheepinmensclothing.blogspot.it/2011/02/posting-comments-and-will-to-kill.html">fonte foto</a>)<br />
<br />
Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-30326698667875259892014-02-26T07:30:00.000+01:002014-02-26T08:00:22.588+01:00La ciccia è negli occhi del medico che ti guarda<i>Il pregiudizio allontana molti medici da una diagnosi, e molti pazienti dalla cura. La più grave delle discriminazioni veste un camice bianco e uno stetoscopio</i><br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhjR-SsENibthOeiimg8lVRGlr2e13KE3yIHvVD_SQ55NTbPfAGH7rOb01HHW93qikqwORR_9S9gqz_lDsrWnuwfD9xQI8GJIDCOIzEP0T95iZP19oe0GL8kqcbMX29msIAbSmx_uGEuw8j/s1600/medcala.jpg" align="center"><br />
<br />
Qui non si parla di insulti, di pregiudizi. Qui si parla della peggiore discriminazione, della <b>protervia dell'ignoranza che entra persino in certe stanze della medicina e la trasforma</b>. Luoghi in cui è la forma del corpo del paziente a determinare la diagnosi. Spero che i medici che leggeranno questo sconvolgente - ma non unico - racconto, possano trarne spunti di riflessione. Di mezzo c'è il senso del loro giuramento, del senso stesso della loro professione, cose che alcuni di loro dinanzi ad un individuo obeso sembrano dimenticare. Con conseguenze devastanti. Ecco cosa scrive PF su un <a href="http://fathealth.wordpress.com/2013/03/13/ms-diagnosis-delayed-by-2-years-due-to-obesity/">un sito dedicato</a> e sul caso di <b>Sclerosi Multipla</b> di suo marito:<br />
<br />
"Mio marito è grasso. E' stato un bambino grasso e ora è un adulto di 185 centimetri con un peso che varia tra i 130 e i 150 chili. Non è solo grasso. E' grassissimo. Mio marito è sempre stato aggraziato e coordinato, veloce e molto forte. Ancor oggi, può sollevare 130 chili sulla panca per dieci volte senza grande sforzo. Con la sorpresa di molti diversi medici, è sempre stato in buona salute, con un buon colesterolo, pressione arteriosa e glicemia.<br />
<br />
Fino a cinque anni fa, quando mio marito ha perduto i colori. Poteva ancora vedere, ma non i colori. Dopo quattro ore da un oculista è emersa una diagnosi preliminare: Sclerosi Multipla. Gli è stato consigliato un neurologo che gli ha detto che "devi perdere peso". Non ha chiesto altri esami né menzionato la Sclerosi Multipla. Mio marito, demoralizzato, ha visto un altro medico che lo chiamava "ciccione" e poco dopo la sua visione è tornata normale. Così ha ignorato quella diagnosi ed è andato avanti.<br />
<br />
Poi, tre anni fa, sono iniziati i sintomi gastrici. Non poteva mangiare. Poteva elaborare i liquidi, ma i solidi li vomitava tutti (venne fuori poi che era grastroparesi, una paralisi dello stomaco che porta all'impossibilità per il cibo di raggiungere gli intestini. Un sintomo frequente con la Sclerosi). E' andato dal suo medico curante, che era estasiato dal vedere che mio marito aveva perso 12 chili. Il fatto che ad ogni pasto vomitasse pare non fosse importante. La cosa che contava è che stava perdendo peso.<br />
<br />
Nel corso di quattro mesi, mio marito aveva perso 50 chili. Non poteva più camminare. I suoi piedi bruciavano, stava perdendo sensibilità alle dita e i suoi denti erano un disastro a causa dell'acido gastrico. Dottore dopo dottore tutto questo veniva ignorato, si guardava solo a quanto fosse meraviglioso che mio marito stesse perdendo tutta quella ciccia.<br />
<br />
Una sera sono tornata a casa e ho trovato mio marito svenuto sul pavimento in un lago di sangue. Quel vomito costante gli aveva danneggiato l'esaofago. Il medico di emergenza era inorridito. I piedi che bruciavano? Neuropatia da deficienza vitaminica. Alcuni dei suoi denti avevano un ascesso. Mio marito stava morendo, e questo era il primo medico ad interessarsene. Ho pianto lacrime di gioia nel trovare qualcuno che sembrasse interessarsi a lui.<br />
<br />
E' stato il medico di emergenza ad ordinare una risonanza magnetica e un prelievo spinale. A causa delle dimensioni di mio marito, il prelievo è stato fatto con un fluoroscopio perché non potevano sentire bene le sue vertebre. Il medico che ha fatto il prelievo era arrabbiato con mio marito perché è grasso. Dopo averci detto che non aveva l'ago della giusta dimensione lo ha usato lo stesso e da allora mio marito ha anche seri problemi alla schiena (mai avuti prima).<br />
<br />
Ed ecco che viene fuori: mio marito aveva in tutti questi anni la Sclerosi Multipla. Il peso non ha alcun rilievo in questa patologia. Non ci sono correlazioni tra le due cose. Se uno qualunque dei suoi medici avesse visto oltre la sua dimensione, avrebbe potuto evitargli il danno cronico ai nervi. Il suo stomaco ancora dà grandi problemi, e stiamo spendendo migliaia di dollari per i suoi denti. Ogni giorno è un dolore, ogni giorno una battaglia. Ma, ecco, almeno non me l'hanno ucciso.<br />
<br />
Grazie per l'ascolto".<br />
<br />
(<a href="http://www.dailymail.co.uk/news/article-2110314/Obese-fat-work-receiving-7million-sickness-benefits.html">fonte foto</a>)<br />
Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-77532584919702645532014-02-25T07:30:00.000+01:002014-02-25T07:30:00.679+01:00Ciccione? Sei fortunato, sei italiano<i>I morti di stato in Cina sono sempre più spesso ragazzini ciccioni. Quando la discriminazione e l'ostilità sociale verso gli obesi è criminale</i><br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7GbgQtKvytI2x46O1PAJrQAcG5g6BB_LYryWCO_zOunhOrX23Hld05dUkO_SYqUfEZYvThyQ5YtvOa5aXw_g9UwxrkrzGel8Jat-cOtBNq9Jj35pjz50yLdn5zGMy_gdfFIsoV5h2cggV/s1600/2vdjjgz.jpg" align="center" width="550" height="300"><br />
<br />
L'odio contro cicce e cicci non fa che aumentare ma noi italiani possiamo considerarci fortunati. Ci sono paesi, come la Cina, nei quali l'ostilità sociale verso i ciccioni si traduce in <b>politiche pubbliche terrificanti</b>, con esiti spesso disastrosi. Ed è interessante per CCD affrontare questo aspetto dell'<strong>ossessione per la magrezza</strong>.<br />
<br />
Un post <a href="http://childhoodobesitynews.com/2014/02/05/consequences-of-a-war-on-obesity/?utm_source=twitterfeed&utm_medium=twitter">pubblicato</a> di recente su <em>Child Obesity News</em> (CON) ci offre lo spunto per parlarne. Le vittime di questa guerra cinese all'obesità sono <b>bambini che vengono offerti in pasto a certe strutture governative dalle proprie famiglie</b>. L'esclusione sociale causata dall'avere un bimbo ciccione, aggiunta allo psicoterrorismo di stato sulle conseguenze devastanti dell'obesità, porta i genitori a cedere alle sirene di regime.<br />
<br />
Nel corso degli ultimi decenni in Cina, con la complicità di un nuovo genere di alimentazione, una maggiore diffusione della ricchezza e accesso ai fast food, con una trasformazione nelle abitudini sociali dei giovani, la diffusione dell'obesità ha accelerato. E dopo il 2000 il Governo ha dichiarato tolleranza zero per la ciccia, istituendo strutture per il dimagrimento dei giovani obesi.<br />
<br />
Da questi centri, spesso gli stessi dove i ragazzi vengono curati dalla "dipendenza da Internet" - un altro dei grandi psicodrammi di regime - sono arrivate negli anni notizie sempre più preoccupanti. Tre anni fa lo shock nazionale, con la notizia del Campo di Qihang, dove 5mila ragazzi sono in cura. Lì il giovane Deng Senshan, appena arrivato, ha finito per essere picchiato ripetutamente dai suoi "addestratori" ed è morto prima che passassero 24 ore dal suo arrivo.<br />
<br />
In questi "centri di lavoro", che costano moltissimo alle famiglie (si parla di rette fino a mille euro al mese, moltissimo per i redditi cinesi), ai ragazzi, dai 9 anni in su, vengono imposti regimi alimentari specifici e almeno quattro ore di sport al giorno. La maggiorparte del quale sono camminate e corse. In questi campi i ragazzi non possono ricevere visite, neppure dei genitori, e da lì non possono uscire. <br />
<br />
<b>Dopo la morte del giovane Deng, il ministero della Salute ha diramato nuove linee guida che vietano le punizioni fisiche, la chirurgia distruttiva o la reclusione forzata</b>. Dodici persone sono state arrestate per la morte del ragazzo e quel particolare istituto è stato chiuso. Ma il rubinetto era stato aperto. Nel corso del tempo nuovi angoscianti segreti hanno iniziato ad emergere. Storie di brutalità e decessi, con giornalisti licenziati per aver osato parlarne. Quei centri sono stati riformati, ma non chiudono. <b>La loro stessa esistenza è ad un tempo causa ed effetto della demonizzazione della ciccia e dell'assoluta incomprensione della complessità</b>.<br />
<br />
La Cina non è un paese democratico e molte delle sue politiche sull'ordine sociale fanno discutere tutto il Mondo. Ciò nonostante fa riflettere come nel 2014, in un paese di tale rilevanza, <b>si sia pronti a sacrificare qualsiasi cosa nel nome del dimagrimento</b>. Famiglie dilaniate, bambini che crescono isolati dai genitori. Il dramma di una vera e propria ossessione collettiva. Di diverso, da noi, c'è che nessuno si permetterebbe di proporre soluzioni così drastiche. Ma è spontaneo chiedersi, <a href="http://cicciones.blogspot.it/2014/02/dover-fronteggiare-lodio.html">visto l'odio imperante</a>, quanti sarebbero pronti a sottoscriverle.<br />
<br />
(<a href="http://forum.bodybuilding.com/showthread.php?t=135995591">fonte foto</a>)<br />
<br />
Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-91993653532480625542014-02-24T07:23:00.000+01:002014-02-24T07:23:00.253+01:00In UK i primi SMS anti-obesi. Sì. Anti-obesi<i>Sei ciccio o ciccia? Dato che non sai gestire la tua vita ci pensa il tuo Comune a farlo per te. Ecco come</i><br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjLqbVrJaQCyvr_D_6mWivULp_j_km7ypNxfbyrPEwhLOa_m4cqudLXk5UlFC0ctuzeZ-my0dyzWiGExgDgFg7wjwp-p-z-fHeUdzv76mr4MyFf-7ynWAuQYCkB11zvHDMBaWIGU1SMGRWI/s1600/bbc.png" align="center"><br />
<br />
Come iniziare la giornata in modo migliore? Lasciate stare Facebook, Twitter o simili, lasciate da parte amici e parenti: a inaugurare ogni nuovo giorno con un bel messaggio pieno di <em>incoraggiamento</em> sarà il vostro comune di residenza. A patto, naturalmente, che siate dei ciccioni o delle ciccione.<br />
<br />
Questo devono aver pensato gli amministratori di Stoke on Trent, nello Staffordshire britannico, una città di poco meno di 250mila abitanti che <a href="http://danceswithfat.wordpress.com/2014/02/07/text-a-fatty-for-16352/">han convinto</a> 500 cicci e cicce ad iscriversi ad un progetto pilota. Con 10mila sterline di spesa per 10 settimane tutti e cinquecento sono bersagliati da SMS che li invitano a fare le scale, a farsi una passeggiata o una corsetta, a mangiare questo e non quell'altro. Cose come: "Mangia frutta e verdura", "Respira 12 o 16 volte al minuto", "Non esagerare con gli snack e occhio a cosa bevi", "Usa di più le scale".<br />
<br />
Secondo la <em>BBC</em>, gli amministratori cittadini, <a href="http://www.bbc.co.uk/news/uk-england-stoke-staffordshire-26021215">hanno dichiarato</a> che l'esperimento costerà per ogni iscritto quanto un "intervento pubblico contro l'obesità". "Il nostro programma - dicono - significa che chi vuole perdere peso e si è iscritto riceverà ulteriore sostegno, economico ed efficace, per rimanere motivati". Stiamo parlando, dunque, di <strong>dimagrire</strong>, la vera ossessione del nuovo millennio, il Sacro Graal del salutismo, totalmente slegato naturalmente da qualsiasi considerazione sulla salute psicofisica dell'individuo.<br />
<br />
Ma fosse quello il problema non saremmo neanche qui a parlarne, tanto siamo abituati alla psicosi obesità nelle istituzioni. Né staremo qui a pontificare sul fatto che al termine del programma non si avranno risultati di sorta, né verranno comunicati, né sarebbe peraltro possibile misurarli, se non forse in termini di "soddisfazione dell'utente". <b>Quello che invece emerge, ed emergerà, è che l'unico vero messaggio dell'intera operazione è quello di sempre: i ciccioni non si sanno gestire, hanno bisogno di qualcuno che dica loro come devono comportarsi. I cicci, semplicemente, non sono persone capaci di vivere come chiunque altro</b>.<br />
<br />
Fa pensare, naturalmente, che un simile dispendio di <b>denaro pubblico usato per la propagazione di pregiudizi</b> si registri in un paese evoluto come il Regno Unito. C'è da chiedersi quanto ci manchi prima che da noi qualche amministratore con vertigini elettoralistiche non voglia lanciarsi in simili opere di bene.<br />
<br />
<br />
Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-25986712059322094322014-02-23T07:30:00.000+01:002014-02-23T09:05:23.975+01:00Un continente tutto pieno pieno di obesi<i>Facciamo un piccolo sforzo di immaginazione. Così capiamo una cosa. Che è importante.</i><br>
<br>
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhS44n-AV9hSQ_uOxaJe6ysPvZBn5jeA53Mpxta5vVgPpyKeliZx53BhdJJIphgSnWg7uuEjdJrswOYc7IiYjGO4ly_QaS4PRqY3qWuNze2eR1aH30H_nAI_9LgnDnTz1twvsMFw6hUY667/s1600/world-map.jpg" align="center"><br>
<br>
Immaginiamo il mondo, visualizziamo proprio nel nostro cervello tutta la Terra. Mettiamoci sopra tanti miliardi di umani. Di questi miliardi selezioniamo quelli, e sono tantissimi, che sono ciccioni. Quanti eh? E quanto spazio che occupano. Sono centinaia di milioni, una fetta enorme della popolazione mondiale. Ora, per comodità, mettiamoli tutti in un continente a scelta e allontaniamo i normoforma per un attimo. Li avete presenti? Dove li avete messi? Io ora ce li ho tutti in testa in Sudamerica. <br>
<br>
Andiamo avanti, approfondiamo. Come mai sono così tanti? A dar retta ai luoghi comuni, qui parliamo di un continente pieno di gente che mangia tutto quello che può quando può, che occupa tutto lo spazio che c'è e che, oltre a puzzare, vive fondamentalmente depressa, non ha relazioni affettive e muore prematuramente. Allora, procedendo, possiamo dire che abbiamo in testa il Continente che avete scelto affollato all'inverosimile di gente fuori di testa, di pazzi.<br>
<br>
Ora, con in testa questo Continente di matti, ditemi se vi sembra più credibile che siano tutti pazzi, tutti quelli là, tutti quei milioni e milioni di persone, o che - invece - siano tondi per loro natura. Mi spiego meglio. E' più facile credere che noi ciccioni siamo davvero gente che non ha a cuore la propria salute, che vuole morire presto, che vuole essere dileggiata e ostraccizzata, che vuole essere pagata meno e ritenuta obbrobriosa dal resto della popolazione o - invece - è più facile credere che esistano condizioni psicologiche, ambientali, genetiche, questioni complesse, diciamo, che fanno sì che un intero continente di persone nel mondo sia pieno di gente fatta - più semplicemente - in modo diverso da quella che abita gli altri continenti?<br>
<br>
E' da qui che possiamo analizzare certe notizie, come quella <a href="http://news.in-dies.info/2014/02/lobesita-e-legata-a-una-mutazione-genetica/">esplosa</a> ieri sulla stampa italiana, secondo cui l'obesità ha radici genetiche. Voi direte: sai che novità. Già. Infatti. Il punto è che la genetica è un territorio ancora parzialmente inesplorato e ogni tanto i ricercatori di quà o di là riescono ad aggiungere un pezzetto al grande puzzle. In questo caso sono scienziati cinesi: hanno individuato un gene, SLC35D3, che - mutato - potrebbe essere responsabile dell'ingrassamento e dello sviluppo di tutta una serie di patologie che sono più frequentemente riscontrate in persone obese.<br>
<br>
Questa novità si aggiunge agli altri pezzettini di cui abbiamo parlato: la genetica che influisce sull'assorbimento intestinale, quella che influisce sul palato e la percezione del grasso, quella che coinvolge gli interruttori cerebrali del piacere e quelli della conservazione della specie.<br>
<br>
Ecco. Ci siamo? Bene. Tornando ai pazzi che popolano un intero continente, dunque, ci troviamo dinanzi ad umani di forma diversa da quella della maggioranza. Gente rotonda. Eppure ognuno di loro è rotondo per un motivo diverso. Sembra ovvio, in fondo siamo tutti diversi. Voglio dire: si vede che lo siamo. E in questa diversità un ruolo importante lo gioca la genetica. I geni. Quei mattoncini che decidono per molti, molti aspetti, come sarà e come è la nostra vita. <br>
<br>
Ecco. Allora forse potremmo iniziare a pensare che quel continente pieno di gente non è in realtà pieno di matti. E' pieno di umani che - guarda un po' - sono uguali perché tondi ma diversi perché tondi. Alcuni di loro lo sono per cause genetiche - diverse tra di loro - altri per ragioni familiari e personali, altri per questioni psicologiche, altri... Continuo? Siamo tutti diversi, siamo uguali, non siamo pazzi. Facciamocene, tutti - a cominciare da noi cicci - una ragione. Sia mai che ci scappi un sorriso in più. <br>
<br>
(<a href="http://geology.com/world/world-map.shtml">fonte immagine</a>)Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-22681767099631359862014-02-22T07:30:00.000+01:002014-02-22T07:30:01.306+01:00Esistere non è una malattia cronica<em>Un altro fattore di rischio viene spacciato come patologia, proprio come accade con l'obesità. E' la solitudine. Quando esistere diventa una malattia cronica</em><br />
<br />
<img src="http://i1188.photobucket.com/albums/z415/photopallo/solia_zps38e904fc.jpg" align="center"><br />
<br />
Mettiamo subito le mani avanti. L'infarto è la causa di morte più diffusa nel mondo occidentale, seguito dai tumori. Patologie terrificanti che non sempre si riesce a prevenire. Ora è <a href=" http://www.tgcom24.mediaset.it/salute/2014/notizia/andare-in-pensione-uccide-piu-dell-obesita_2028191.shtml">emerso</a>, e tutta la <a href="http://www.ansa.it/saluteebenessere/notizie/rubriche/stilidivita/2014/02/17/Salute-anziani-solitudine-letale-due-volte-piu-obesita_10091613.html">stampa</a> italiana ne ha dato grande rilievo, che gli over50 che vivono da soli tendono a morire molto più di chi solo non è. <b>E basta questo perché i nostri media trasformino uno stato dell'esistenza in una malattia</b>. Vi ricorda qualcosa? Sì. E' già accaduto con l'obesità.<br />
<br />
Nei giorni scorsi uno studio dell'Università di Chicago <a href="http://www.eurekalert.org/pub_releases/2014-02/uoc-lia021214.php">ha informato</a> di un fattore di rischio elevato per la mortalità in chi soffre di una <strong>solitudine estrema</strong>. Un fattore di rischio, è stato spiegato dai ricercatori, che aumenta del 14 per cento le possibilità che una persona over50 muoia prematuramente rispetto a chi, invece, solo non si sente.<br />
<br />
Sono due le evidenze di interesse per noi. La prima è che sulla stampa il fattore di rischio della solutidine, peraltro già noto ma non così attentamente misurato, <b>è diventata una sorta di "nuova patologia" cronica</b>. La seconda è che John Cacioppo, docente e ricercatore dell'Università di Chicago, ha dichiarato che questo fattore di rischio uccide quasi quanto il fattore povertà ed ha un impatto - attenzione, che qui è il nodo - "due volte superiore dell'obesità nella morte prematura". Non voglio insistere su questo, ma <b>è curioso come si utilizzi l'obesità quale metro di misurazione del rischio-morte</b>, come se potesse essere considerato un punto di riferimento univoco. La stampa italiota naturalmente ci è andata a nozze e la notizia è diventata che <i>la solitudine uccide due volte più dell'obesità</i>.<br />
<br />
<b>L'obesità, come noto, in sé non uccide nessuno. L'eccessiva massa ponderale è un fattore di rischio ampiamente conosciuto per malattie cardiovascolari, tumorali e molto altro. Ma l'obesità non è una patologia in quanto è uno stato, un fattore esistenziale, un dato identitario.</b> Con la nota diffusa dall'Università e ripresa con la solita assenza di una qualsiasi lettura critica dai media italiani (scopiazzando in realtà <a href="http://www.theguardian.com/science/2014/feb/16/loneliness-twice-as-unhealthy-as-obesity-older-people">l'articolo</a> del <em>Guardian</em> e non la nota originale dell'ateneo), lo stesso trattamento lo sta subendo la Solitudine.<br />
<br />
Con l'avanzare dell'età, dicono i ricercatori, aumenta la velocità di un decadimento fisico e mentale che per chi è solo tende a essere molto più accelerato. Chi non lo è invece sviluppa una specifica resistenza che impatta positivamente su ogni aspetto dell'esistenza. La solitudine, è stato detto, tende a disturbare il sonno, aumentare la pressione arteriosa e lo stress, alterare il sistema immunitario e sviluppare depressione.<br />
<br />
L'ovvia raccomandazione dei ricercatori è di non perdere mai di vista la propria vita sociale e familiare. Di rimanere in contatto con amici e parenti o ex colleghi e possibilmente aumentare le proprie relazioni quotidiane. Se suona familiare, come raccomandazione, è perché ricorda quelle che vengono fatte agli obesi: dimagrire, cambiare modo di alimentarsi, fare movimento e via dicendo.<br />
<b><br />
Qui non si vogliono sottovalutare i fattori di rischio. Ma occorre tracciare una linea: se un adulto over50 vive da solo, o è solo, è sicuramente una buona cosa che conosca, come dire, l'intero quadro del <em>rischio</em>. Ma se e come "uscirne" è affare suo, suo ed esclusivo. Perché la solitudine è una condizione di vita, con origini spesso remote e complesse, sicuramente tutte molto personali ed intime. Allo stesso modo l'obesità. E' bene conoscerne i rischi, ma nessuno ha titolo per dire ad un obeso come vivere la propria condizione, se e come cambiarla, né tantomeno imporre a lui o a lei un diverso modo di esistere. Quella è violenza, è bullismo, ed è un prodotto dei sottointesi di notizie come quella di oggi e di un linguaggio a dir poco ignorante adottato dai "comunicatori". Essere, esistere, non significa essere malati. Punto.</b><br />
<br />
C'è solo da sperare che gli over50 che sono soli non inizino a subire lo stesso trattamento riservato agli obesi. Essere ciccioni non è una colpa, ma non lo è neanche essere soli. Impariamo a distinguere fattore di rischio e patologie, e impariamo a non giudicare, il mondo sarà subito più grande e più bello. Fuori c'è il sole, perché sperare nella pioggia?<br />
<br />
(<a href="http://www.frontiersla.com/frontiers-blog/2011/09/14/weekly-world-news-sept-14-2011">fonte foto</a>)<br />
<br />
Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-88585315389820867682014-02-21T07:36:00.000+01:002014-02-21T07:36:00.375+01:00Un gigante ucciso dall'ossessione della magrezza<i>Prendi un uomo enorme, alto e robusto, un Vichingo, come dice la figlia, e fagli sentire che occupa troppo spazio, che è grasso, che il suo corpo è il suo nemico. Il triste racconto della figlia Tiffany</i><br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjxhoaKpOgA3BKyLEyfmPFYOjPfDFLDMUGjvGyr3NKBn4snGA5TT_6rOUqgFSlYY4Kull1raMueZCHMYT0e5PkCvSs689DoFgYbRuBs0Rw9HfAJs17OPmeLKnS2JcQ3JXt8UtMgzcaApeo6/s1600/suma.jpg" align="center" width="500" height="300"><br />
<br />
"Mio padre è morto tre settimane fa. Si trovava in un Hospice, con tutto il supporto tecnologico e farmacologico possibile per dargli conforto e non farlo soffrire ma ugualmente, così è la morte, non è stata una buona fine. Ero accorsa poche ore dopo aver sentito della sua caduta. Si trovava in uno stadio avanzato di collasso cardiaco e renale, e la sua caduta era solo l'inizio della fine. Quando sono arrivata, una infermiera è entrata nella stanza e gli ha chiesto: "Sente dolore?". E lui ha risposto, "solo un po'", fremendo. Non avrebbe dovuto finire così. <br />
<br />
Mio padre era nato corpulento, enorme, in una famiglia di gente grande. Il DNA aveva rivelato che siamo tutti dei vichinghi nel sangue, non che fosse una sorpresa, visto che siamo tutti alti e larghi in famiglia. Quando mio padre aveva vent'anni era alto 187 centimetri e pesava 136 chilogrammi. Le sue imprese atletiche erano leggendarie tra gli amici. C'era un tempo in cui sollevava da solo un letto kingsize da un marciapiede ad una finestra del secondo piano, con sei persone all'interno necessarie a prenderlo e tirarlo dentro. C'è stato un tempo in cui lui e mia madre si sono trovati intrappolati in un appartamento collassato su se stesso, quando lui l'ha presa a sé con un braccio e con l'altro si è fatto largo con tutta la sua mole attraverso le rovine. C'è stato un tempo in cui ha impedito uno scippo afferrando l'assalitore e togliendogli il coltello dalle mani. Era un gigante, forte e vitale, costruito di energia e carne.<br />
<br />
Ma non voleva essere un gigante. Voleva essere magro.<br />
<br />
Dopo aver tentato e fallito innumerevoli diete, mio padre si è iscritto ad un programma sperimentale avviato in una delle più prestigiose università del mondo. Avrebbe dovuto vivere all'interno di un'area neuropsichiatrica nel corso dell'esperimento. Gli davano nulla se non acqua, bibite prive di calorie e supplementi minerali e vitaminici. Ai ricercatori veniva data la possibilità di comprendere come il corpo reagisce all'inedia. E mio padre presumibilmente sarebbe diventato magro.<br />
<br />
E' stato tenuto in quella sezione per otto mesi consumando mediamente 30 calorie al giorno. Lui spiegava che la difficoltà maggiore non era il digiuno ma la noia. Una volta aveva sottratto un camice bianco e si era fatto il giro quotidiano insieme ai medici fingendo di essere uno studente di medicina. Ho ancora gli schizzi che aveva disegnato dei suoi "colleghi", un ritratto di una donna incredibilmente bella che soffriva di schizofernia e con cui lui giocava a carte, un uomo dalla faccia di bambino con disordine bipolare a cui mio padre ad un certo punto insegnò a guidare.<br />
<br />
L'esperimento avrebbe dovuto cessare quando mio padre avesse raggiunto quello che veniva considerato il suo "peso forma", che secondo i medici si trovava attorno agli 82 chilogrammi. E quindi ci riuscì: era fisicamente debole, aveva sviluppato una aritmia cardiaca, ma era magro. E' stato uno dei migliori momenti della sua vita, e ha speso i suoi successivi 40 anni cercando di tornare a quel momento.<br />
<br />
La magrezza è durata meno di due mesi. Contava le calorie ossessivamente e mangiava pochissimo, quello che il medico gli aveva prescritto, ma comunque aumentava di peso. Un anno dopo era tornato come prima, e poi ha ripreso con gli interessi, fino a 182 chilogrammi.<br />
<br />
La sua corsa verso la magrezza non si è mai fermata. Ha preso farmaci per dimagrire e danneggiato ulteriormente il suo cuore. Era ancora grasso, ma la speranza del dimagrimento lo ha reso via via più debole e malato.<br />
<br />
Ad un certo punto i dottori scopririno che soffriva di celiachia. Solo a quel punto. Nessuno prima aveva pensato di verificare se un uomo ciccione potesse soffrirne. Anni dentro e fuori dall'ospedale e nessuno gli aveva mai chiesto perché gli capitasse di star male. Anzi, gli dicevano che forse era una buona cosa se gli capitava di rifiutare parte del cibo. I suoi intestini ne avevano sofferto, e non si sarebbe mai ripreso completamente.<br />
<br />
Sebbene ossessionato dalla magrezza e dedicato a ottenerla in ogni modo, mio padre è rimasto grasso. E i dottori lo hanno punito per questo. Ci sono medici che lo hanno lasciato solo più e più volte.<br />
<br />
Negli ultimi anni della sua vita si è buttato via. Le sue guance erano sparite, le sue spalle un tempo giganti sembravano magre. Cercavo di assicurarmi che mangiasse, mi sono offerta più volte di portargli la spesa, ma lui non voleva, riteneva di potercela fare. Ogni settimana mi diceva che i dottori erano contenti di lui perché finalmente stava riperdendo peso. Ogni settimana mi chiamava per aggiornarmi sul suo peso. Ogni settimana io mettevo giù il telefono e piangevo.<br />
<br />
Nella sua ultima notte, all'Hospice, sono rimasta con lui nella sua stanza, la sua testa sulla mia spalla. Era così piccolo. Le sue gambe un temo massicce erano diventate magrissime, con quelle di un bambino attaccate al corpo di un adulto. Era l'ombra di se stesso.<br />
<br />
Mio padre ha passato anni a combattere con la propria dimensionalità, volendo essere più piccolo, non volendo essere un gigante. Gli hanno insegnato ad odiare il proprio corpo e si vergognava dello spazio che occupava. Ma ha passato la sua forza a me, e io non dilapiderò questa eredità. Non permetterò che qualcuno mi faccia sentire meno di quello che sono.<br />
<br />
E sì. Io sono figlia di mio padre. Anche io sono gigante, fatta di energia e carne. E sono forte abbastanza per portare in giro me stessa e anche altri, anche quando loro non ce la fanno".<br />
<br />
<i>Tiffany</i><br />
(<a href="http://morecabaret.com/2013/05/07/why-i-dont-diet-an-ode-to-my-father/">post originale</a>)<br />
Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7312185603730167417.post-23704017474755607182014-02-20T07:05:00.000+01:002014-02-20T07:05:00.078+01:00Perché vogliamo dimagrire? Cosa ci spinge?<i>Per alcuni è un'ossessione, per altri dimagrire diventa il senso stesso dell'esistenza. Altri hanno scelto di pensare ad altro. Ma cosa spinge molti di noi a voler perdere peso?</i><br />
<br />
<img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiDvHX9168zWYzzQL3awqofUx0iVBcOJifEL0TUn2WjXzbVgm8_nXa3l7LdIh-WaqhUJhbmaAKQMlQOYCpC-u32z_Jro4pFrKwMGa-NrKU8VP8jk-6_qFrdof_eZAwJb2O5WAYKXH-Yxb0M/s1600/mindas.jpg" align="center"><br />
<br />
Chi non è mai stato tentato di trasformare la propria esperienza individuale con il peso in un valore statistico o in una ricetta che vale per tutti? Quando a farlo è una psicologa esperta e aggiornata sulla ricerca in materia, ascoltare per una volta può avere un senso. Ecco quindi una veloce traduzione di un <a href="http://blogs.psychcentral.com/weightless/2014/01/what-lies-beneath-our-desire-to-lose-weight/#.Uu2McSmcKCQ.twitter">bel post</a> di <a href="https://twitter.com/Mtartakovsky">Margarita Tartatovsky</a>, psichiatra statunitense, <b>che indaga sulle ragioni per cui molti vogliono dimagrire</b>:<br />
<br />
"Anni fa ero impegnata a perdere peso. E' stato il mio obiettivo per molto tempo (un decennio circa). Oggi capisco che non era quello ciò che volevo dopo tutto.<br />
<br />
Quello che veramente volevo era sentirmi meglio con me stessa. Volevo sentirmi più in pace, avere una maggiore fiducia in me stessa, sentirmi sicura di me.<br />
Quello che veramente volevo era la tranquillità, lontano dai pensieri ansiosi, e una connessione, qualcuno da amare e che mi amasse.<br />
Quello che veramente volevo era sentirmi forte, piena di energie, ricaricata, stimolata. Volevo essere più avventurosa, indipendente, estroversa. E più felice. Molto più felice.<br />
<br />
Anni fa non potevo neanche articolare questo pensiero. E non avevo neppure compreso che il dimagrire era diventato una sorta di ciambella di salvataggio per me. Rappresentava tutto ciò che volevo e tutto ciò che non ero.<br />
<br />
Cercavo quindi una soluzione veloce, un modo veloce per trasformare in realtà quelle necessità. Perché erano quei bisogni così profondi ad essere nascosti sotto il desiderio, apparentemente semplice, di perdere peso.<br />
<br />
Ecco dunque: cosa c'è dietro il nostro desiderio di dimagrire?<br />
E' forse auto-commiserazione? O forse pensiamo che perdere peso sia una ragione sufficiente per finalmente essere gentili con se stessi, curarci di noi stessi.<br />
O cerchiamo l'approvazione di qualcuno? E' forse la fine al mangiare troppo? O la chiave ad una migliore salute, ad una maggiore energia?<br />
<br />
La perdita di peso non è una panacea.<br />
Non ci dà tutte queste cose. E a livello razionale probabilmente ci arrivamo. Ma più difficile è comprenderlo davvero, in parte grazie anche alla cultura permeata dall'ossessione per la magrezza.<br />
<br />
E' cosa difficile da sentire dentro di noi. Difficile da sentire nelle ossa. Chi pubblicizza programmi di dieta o fitness vorrebbe che noi pensassimo alla perdita di peso come una cornucopia di regali fantastici che niente altro potrebbe darci.<br />
<br />
Ma quella non è la realtà. Perché non ci sono soluzioni veloci.<br />
E non è che siano cattive notizie. Anzi. Sono ottime. Perché anziché soprassedere sui nostri desideri più profondi cercando di dimagrire, possiamo andare direttamente alla fonte.<br />
<br />
Se si vuole ottenere più energia, ci si può focalizzare sul dormire meglio, sull'apprezzare cibi nutrienti e scovare le attività fisiche che ci piacciono.<br />
<br />
Se si vuole socializzare di più, si possono organizzare pranzi con gli amici e la famiglia. Si possono anche trovare gruppi di sostegno, passare più tempo con il proprio partner o predisporsi a conoscere qualcuno di nuovo.<br />
<br />
Se si vuole l'approvazione di qualcuno, si possono esplorare le ragioni per cui questo accade, e di come si può lavorare per rafforzare la consapevolezza di sé, e creare confini solidi attorno a sé.<br />
<br />
Se si vuole la pace si può praticare lo yoga, o meditare ogni giorno per qualche minuto, o respirare profondamente e lentamente più volte nel corso della giornata.<br />
<br />
Se si vuole cessare di mangiare troppo, si può sempre paralrne con un consulente e lavorarci sopra.<br />
<br />
In altre parole, perdere peso non è un bisogno in sé. Invece nasconde quello che veramente vogliamo e ciò di cui abbiamo bisogno. Cercare la perdita di peso crea una sorta di strada ventosa con tonnellate di detriti che ci bloccano il nostro vero percorso.<br />
<br />
Ed è questa la ragione per cui perdiamo la battaglia. Ma, per fortuna, possiamo sempre tornare a noi stessi. Possiamo sempre scoprire i nostri desideri più profondi e focalizzare la nostra attenzione e la nostra energia su quelle necessità. In altre parole, possiamo direttamente e attivamente perseguire i nostri veri sogni.<br />
<br />
Che cosa si nasconde dietro il tuo desiderio di perdere peso? Come puoi far sì che i tuoi desideri diventino realtà?"<br />
<br />
(<a href="http://topyaps.com/top-10-life-lessons-from-the-bhagavad-gita">fonte immagine</a>)<br />
<br />
Paolohttp://www.blogger.com/profile/05804329255409887907noreply@blogger.com0