venerdì 21 febbraio 2014

Un gigante ucciso dall'ossessione della magrezza

Prendi un uomo enorme, alto e robusto, un Vichingo, come dice la figlia, e fagli sentire che occupa troppo spazio, che è grasso, che il suo corpo è il suo nemico. Il triste racconto della figlia Tiffany



"Mio padre è morto tre settimane fa. Si trovava in un Hospice, con tutto il supporto tecnologico e farmacologico possibile per dargli conforto e non farlo soffrire ma ugualmente, così è la morte, non è stata una buona fine. Ero accorsa poche ore dopo aver sentito della sua caduta. Si trovava in uno stadio avanzato di collasso cardiaco e renale, e la sua caduta era solo l'inizio della fine. Quando sono arrivata, una infermiera è entrata nella stanza e gli ha chiesto: "Sente dolore?". E lui ha risposto, "solo un po'", fremendo. Non avrebbe dovuto finire così.

Mio padre era nato corpulento, enorme, in una famiglia di gente grande. Il DNA aveva rivelato che siamo tutti dei vichinghi nel sangue, non che fosse una sorpresa, visto che siamo tutti alti e larghi in famiglia. Quando mio padre aveva vent'anni era alto 187 centimetri e pesava 136 chilogrammi. Le sue imprese atletiche erano leggendarie tra gli amici. C'era un tempo in cui sollevava da solo un letto kingsize da un marciapiede ad una finestra del secondo piano, con sei persone all'interno necessarie a prenderlo e tirarlo dentro. C'è stato un tempo in cui lui e mia madre si sono trovati intrappolati in un appartamento collassato su se stesso, quando lui l'ha presa a sé con un braccio e con l'altro si è fatto largo con tutta la sua mole attraverso le rovine. C'è stato un tempo in cui ha impedito uno scippo afferrando l'assalitore e togliendogli il coltello dalle mani. Era un gigante, forte e vitale, costruito di energia e carne.

Ma non voleva essere un gigante. Voleva essere magro.

Dopo aver tentato e fallito innumerevoli diete, mio padre si è iscritto ad un programma sperimentale avviato in una delle più prestigiose università del mondo. Avrebbe dovuto vivere all'interno di un'area neuropsichiatrica nel corso dell'esperimento. Gli davano nulla se non acqua, bibite prive di calorie e supplementi minerali e vitaminici. Ai ricercatori veniva data la possibilità di comprendere come il corpo reagisce all'inedia. E mio padre presumibilmente sarebbe diventato magro.

E' stato tenuto in quella sezione per otto mesi consumando mediamente 30 calorie al giorno. Lui spiegava che la difficoltà maggiore non era il digiuno ma la noia. Una volta aveva sottratto un camice bianco e si era fatto il giro quotidiano insieme ai medici fingendo di essere uno studente di medicina. Ho ancora gli schizzi che aveva disegnato dei suoi "colleghi", un ritratto di una donna incredibilmente bella che soffriva di schizofernia e con cui lui giocava a carte, un uomo dalla faccia di bambino con disordine bipolare a cui mio padre ad un certo punto insegnò a guidare.

L'esperimento avrebbe dovuto cessare quando mio padre avesse raggiunto quello che veniva considerato il suo "peso forma", che secondo i medici si trovava attorno agli 82 chilogrammi. E quindi ci riuscì: era fisicamente debole, aveva sviluppato una aritmia cardiaca, ma era magro. E' stato uno dei migliori momenti della sua vita, e ha speso i suoi successivi 40 anni cercando di tornare a quel momento.

La magrezza è durata meno di due mesi. Contava le calorie ossessivamente e mangiava pochissimo, quello che il medico gli aveva prescritto, ma comunque aumentava di peso. Un anno dopo era tornato come prima, e poi ha ripreso con gli interessi, fino a 182 chilogrammi.

La sua corsa verso la magrezza non si è mai fermata. Ha preso farmaci per dimagrire e danneggiato ulteriormente il suo cuore. Era ancora grasso, ma la speranza del dimagrimento lo ha reso via via più debole e malato.

Ad un certo punto i dottori scopririno che soffriva di celiachia. Solo a quel punto. Nessuno prima aveva pensato di verificare se un uomo ciccione potesse soffrirne. Anni dentro e fuori dall'ospedale e nessuno gli aveva mai chiesto perché gli capitasse di star male. Anzi, gli dicevano che forse era una buona cosa se gli capitava di rifiutare parte del cibo. I suoi intestini ne avevano sofferto, e non si sarebbe mai ripreso completamente.

Sebbene ossessionato dalla magrezza e dedicato a ottenerla in ogni modo, mio padre è rimasto grasso. E i dottori lo hanno punito per questo. Ci sono medici che lo hanno lasciato solo più e più volte.

Negli ultimi anni della sua vita si è buttato via. Le sue guance erano sparite, le sue spalle un tempo giganti sembravano magre. Cercavo di assicurarmi che mangiasse, mi sono offerta più volte di portargli la spesa, ma lui non voleva, riteneva di potercela fare. Ogni settimana mi diceva che i dottori erano contenti di lui perché finalmente stava riperdendo peso. Ogni settimana mi chiamava per aggiornarmi sul suo peso. Ogni settimana io mettevo giù il telefono e piangevo.

Nella sua ultima notte, all'Hospice, sono rimasta con lui nella sua stanza, la sua testa sulla mia spalla. Era così piccolo. Le sue gambe un temo massicce erano diventate magrissime, con quelle di un bambino attaccate al corpo di un adulto. Era l'ombra di se stesso.

Mio padre ha passato anni a combattere con la propria dimensionalità, volendo essere più piccolo, non volendo essere un gigante. Gli hanno insegnato ad odiare il proprio corpo e si vergognava dello spazio che occupava. Ma ha passato la sua forza a me, e io non dilapiderò questa eredità. Non permetterò che qualcuno mi faccia sentire meno di quello che sono.

E sì. Io sono figlia di mio padre. Anche io sono gigante, fatta di energia e carne. E sono forte abbastanza per portare in giro me stessa e anche altri, anche quando loro non ce la fanno".

Tiffany
(post originale)

Nessun commento:

Posta un commento