venerdì 19 marzo 2010

I ciccioni "occupano" il New York Times


Questa volta è nientemeno che il più prestigioso quotidiano statunitense a dedicare un ampio servizio alla discriminazione contro i ciccioni, un articolo scritto da una giornalista che da anni si occupa della questione. Non sono solo i contenuti ad essere rilevanti, dunque, ma anche la forma, e lo spazio dedicato alla questione, così come il linguaggio utilizzato: la scelta delle parole è tanto più importante quanto più chi legge è condizionato dal culturame dell'esclusione.

E così Harriet Brown nel suo "essay" ripercorre tappe che chi segue C.C.D. già conosce, dallo studio a Yale sui medici ed infermieri che non riescono a relazionarsi in modo professionale con gli obesi alla discriminazione sul lavoro, che non riguarda soltanto i licenziati o i licenziandi ma anche chi cerca un'occupazione, disoccupati o inoccupati che siano.

Allo stesso modo Harriet affronta i progetti con cui si vorrebbe misurare la massa grassa alle matricole di certe università e via dicendo. Soprattutto, però, l'articolo ha il pregio di sottolineare la gravità dello stigma anti-obeso. Si tratta di un fenomeno che rientra nell'esperienza di molti: il pregiudizio, l'offesa e l'aggressione contro gli obesi è talmente condivisa, pubblicizzata e ripetuta dentro e fuori dai media, scuole, aziende, che attaccare chi è obeso in pressoché qualsiasi ambiente significa farla franca e persino ottenere l'approvazione del prossimo.

Questo, concludiamo noi, non è solo un comportamento diffuso anche qui in Italia dove l'ideologia normodimensionale non è meno pressante e deviata che negli Stati Uniti ma è anche il segno di una società che indulge in comportamenti deteriori che la rendono più piccina, meno interessante e in definitiva meno stimolante per tutti, non certo solo per gli obesi. Articoli come quello di Harriet possono fare la differenza, speriamo di leggerne ancora e di più, magari non solo negli States.

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