martedì 17 dicembre 2013

Paternalismo, il virus del millennio

"Non starai mangiando troppo?", "Meno male che almeno vai in palestra", "Devi andare da un dietologo", "Mica vorrai rimanere grassa tutta la vita?"

Non saprei come definire queste frasi che per più di metà della mia esistenza mi sono sentita ripetere dappertutto, a scuola, in famiglia, ovunque. Frasi che ancora mi rincorrono al lavoro, anche se almeno un po' meno frequentemente. Forse una definizione esiste: paternalismo. E, sinceramente, fa schifo.

Posso capire che un genitore poco consapevole della questione possa avvertire una figlia, persino metterla in croce perché è grassa, senza sapere che in pratica la sta predisponendo all'obesità anche da adulta, ma non posso accettare da nessuno che qualcuno dica a me, adulta, come devo condurre la mia vita.

Se io ora ho voglia di mangiare un piatto di pasta, se domani invece di fare i miei due chilometri di corsa ne faccio mezzo o anzi me lo passo sul divano, se ieri avevo detto che non avrei cenato fuori... Sono fatti miei. Ma non è solo questo: non sono fatti di nessun altro. Ma io non so perché, anzi forse inizio a capirlo, ma chiunque entri in contatto con una donna grossa come me improvvisamente sente l'esigenza di dirmi cosa devo o non devo fare.

Se invece di fare sport la mattina io decidessi di passarla mangiando di tutto, se mi strafogassi ogni volta che ne avessi voglia, se invece di fare una scelta ne facessi un altra.... tutto questo non è affare di NESSUNO. E invece zac! ecco che tutto d'incanto quando ti trovi davanti ad una cicciona improvvisamente hai il diritto di dirle che priorità deve dare alla sua salute, tentare di imporle un comportamento, giudicarla solo per come ti appare. Io, sinceramente, dico basta. E voi? - Loredana D."
Cara Loredana, il paternalismo salutista, una sorta di sfascismo razzista e monodimensionale, è un virus che abbiamo lasciato che si infiltrasse ovunque, anche nelle teste migliori, e tocca quindi averci a che fare. Se può consolarti, si fa per dire ovviamente, anche a noi uomini le cose non vanno meglio. Potrei raccontarti di storie di famiglia, o delle umiliazioni scolastiche causate da minus habens in cattedra, potrei fare tanti esempi. Il concetto che dev'essere chiaro a tutti noi, a tutti, in realtà, è che prima di ogni altra cosa la vita, la salute, il corpo, il rapporto con il mondo: tutto questo è personale, appartiene alla sfera privata della persona, richiede un sacro rispetto se si tiene davvero ad avvicinarsi anziché creare delle distanze. Giudicare ciò che non si conosce significa uccidere, perché si annichilisce con un pre-giudizio l'opportunità di un nuovo rapporto umano.
Grazie per la tua lettera, alla prossima.

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