giovedì 6 maggio 2010

L'Orgoglio Obeso fa paura


Cicciones ha sempre evitato di sventolare la bandiera della superiorità dei ciccioni, del vivalaciccia, del chebellosiamograssi. E' una bandiera issata da altri, spesso con ironia, sempre con divertimento, ma che ha ben poco a che fare con la Size Acceptance. E ancor meno col tentativo di questo blog di contribuire a far germogliare anche in Italia un dibattito, tardivo ma decisivo, sulla libertà dimensionale e le sue implicazioni sociali, economiche e sanitarie.

Ma proprio in queste pagine si tiene in questi giorni una interessante discussione su una di quelle locuzioni che assomigliano a degli slogan, e sulla quale può essere utilissimo riflettere insieme per capire cosa effettivamente significhi una cosa come "Orgoglio Obeso" o "Orgoglio Ciccione", a cui in passato abbiamo accennato en passant.

L'unica volta che fino ad oggi ho sfruttato la forza espressiva di questa locuzione è stato quando, molti mesi fa, mi iscrissi al forum di Obesità&Dintorni. Soffrivo della dissonanza tra il tema principale del forum e il fatto che l'intera discussione vertesse sulla chirurgia bariatrica o il dietismo più esasperato e, con quel termine e qualche intervento, ho tentato di stimolare l'immissione di ulteriori riflessioni che ritenevo utili. Ora forse è tempo di tornare sopra a quell'espressione apparentemente così provocatoria.

In linea generale si può ritenere che essere orgogliosi di quello che si è faccia bene all'umore, alla socialità persino al proprio lavoro, alla sicurezza in se stessi e, con ogni probabilità, anche alla salute. Il rischio, dicono in tanti, è però quello di essere orgogliosi di sé per le ragioni sbagliate. Molti obesi ed obese, infatti, non ritengono di poter essere orgogliosi di avere quella dimensionalità. Spesso sono afflitti da patologie collegate ad un peso importante, più spesso ancora sono sinceramente convinti che l'obesità sia una malattia in sé e, ancora di più, che l'obeso sia brutto, che non sappia controllarsi, che sia un individuo fondamentalmente depresso, ritengono che chiunque condivida certe dimensionalità non possa che viverle allo stesso modo e sono talvolta i primi alfieri della diminutio hominis di cui soffrono assieme ai loro simili.

Il punto, probabilmente, è tutto qui, sulla percezione della propria condizione. Se vi è chi è felice di essere quello che è, molti invece vivono quella medesima condizione come un inferno dal quale uscire al più presto in qualsiasi modo. Poco importa, spesso, se la dieta non è bastata, se la genetica e la propria costituzione remano contro, poco importa, persino, se è una battaglia che si è combattuta per molti anni senza risultati apprezzabili o persino peggiorando la propria condizione di salute. Si ritiene di doverlo fare e, da qui nascono i contrasti, si ritiene che chiunque in quello stato lo debba fare.

Ciò che spesso accade, cioè, è che l'individuo che non accetta la propria forma, a cui è quindi più difficile accettare le dimensionalità degli altri, combatta una guerra contro qualcosa che è parte della propria identità, del proprio carattere, spesso qualcosa con cui è cresciuto/a. Una guerra intestina, uno scontro frontale tutto interno alla propria persona, alla propria personalità e alla propria dimensionalità, dalla quale si confida esca un giorno un vincitore.

Credo che chiunque debba avere rispetto per le scelte di chiunque altro e non per un trito idealismo di democratica vicendevole tolleranza ma perché ciascuno di noi differisce nelle percezioni del mondo e nel modo di vivere il proprio ambiente, al punto che è semplicemente impossibile per chiunque andare oltre una vaga percezione dell'altro. L'unica strada, in questo senso, è comprendere le differenze, anche solo comprendere che vi sono differenze, cercare di mantenere una mentalità aperta, andare oltre la tolleranza. Ed oltre c'è solo l'accettazione, ossia il rispetto.

Cos'è, dunque, l'Orgoglio Ciccione? A mio avviso è una felice espressione che può essere imbracciata come arma di liberazione per sparare pallottole di diversità in una società che più complessa non potrebbe essere ma che invece viene spesso ridotta a slogan, soluzioni definitive, magiche ricette e magiche pozioni, dietismi, salutismi e conformismi. Orgoglio Ciccione non significa imporre a qualcuno una diversità che non vuole, spesso l'obeso che vuole trasformarsi insegue infatti proprio la normalità mainstream, significa ricordare a se stessi che si è quello che si è, e che essere è, prima di tutto, molto bello.

(fonte foto)

2 commenti:

  1. Belle parole e soprattutto di speranza!

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  2. Come ciccio mi sento commosso e invitato a stare meglio con me stesso; a parte che sono facile alla commozione...

    Ma lo spirito critico invece mi direbbe "ti piace sentire chi ti invita all'autoindulgenza vero?"

    Cerchiamo sempre di parlare "col nemico": l'avvocato del diavolo, i cattivi e soprattutto il cattivo che è dentro di noi, che rema contro: che non sia una malattia si sta _mettendo in discussione_ ma non è accertato nulla: tant'è vero che ci sono sperimentazioni citate dal 67 (ma che fanno questi da 40 anni?? tricologia!!)

    Se parliamo di origini genetiche allora è simile a qualsiasi altra malattia, problema, caratteristica che ha origini genetiche come l'anemia falciforme, la sindrome di down, la tendenza all'infarto o alla stempiatura ... dalle più gravi alle più piccole.
    Tutte cose che se si potessero cambiare a priori molti sceglierebbero di farlo, come la solita, iconica, scelta del "colore degli occhi".

    Mi piacerebbe pensare così, ma una condizione che porta con sé altre patologie è difficilmente difendibile come "normale" "desiderabile" e addirittura "di cui andare orgoliosi".

    Se uno nasce con l'asma nessuno gliene fa una colpa (a parte forse che 50 anni fa se non eri macho comunque te ne si faceva una colpa) ... ma hai dei problemi e vorresti cambiarli, devi combattere, e non fare nulla - se sai cosa puoi fare - è lasciarsi andare.

    Personalmente sento di avere problemi di respirazione e di fare fatica a fare alcune cose che prima facevo (portare alcune quantità di pesi per distanze più lunghe del normale) e quando guardo la "scimmia uomo" ovvero il me stesso che compiva azioni fisiche "atletiche" senza essere un campione ... penso "ma orgoglioso de che?"

    Consideriamo ad esempio la depressione: la depressione è una condizione patologica? A mio avviso si. Alcuni nascono così ed è solo la chimica a risolvere qualcosa. Come può una condizione di per sé stessa essere motivo di orgoglio? E se fossi nato senza un braccio? Cieco? Sordo? Impotente? Orgoglio perché? Rispetto di sé, certo, accettazione, certamente ma orgoglio? Mi è difficile fare mia questa idea.

    Penso quindi che sia naturalmente (come suggerivate ma forse al contrario) un "problema psicologico mio su cui lavorare" perché tendo ad assumermi le mie responsabilità e a considerare questo aspetto fra quelle.

    E' certo che questo blog fa bene a chi vuole o ha bisogno di pensare: fa molto bene, perché quello che alcuni hanno pensato e si sono tenuti per sé non è stato utile a nessuno.

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