domenica 9 febbraio 2014

Il bambino che non sa di essere ciccione

Quando un bambino dovrebbe imparare a contare le calorie, a pesarsi, ad odiare il proprio corpo?




Sono molti i cicci e le cicce che ci sono passati. Molti possono infatti ricordare quel particolare momento della propria infanzia quando la propria fisicità, tipicamente esplosiva per l'età, ha iniziato ad essere un problema. Molti possono anche ricordare perché è accaduto, e spesso le ragioni sono legate agli atteggiamenti di chi abbiamo avuto vicino, di chi ci ha amato di più.

Il punto che ancora si stenta a comprendere e che fa sì che persino oggi molte famiglie adottino un approccio e un atteggiamento controproducenti è che un bambino che si senta malato per la sua mole non ha l'esperienza di un adulto per reagire a questa sensazione, elaborarla ed andare oltre. Come sottolineava recentemente la consulente statunitense Julie Dillon, la sensazione di "non essere quello che gli altri si aspettano" è l'unica vera emozione che filtra nelle percezioni del bimbo o della bimba, e che fin dal primo momento in cui appare inizia a produrre dei cambiamenti nella sua identità.

Solo qualche mese fa ha suscitato rumore la notizia di genitori italiani che hanno sottoposto il proprio figlio 11enne al palloncino gastrico nonostante avesse un'obesità modesta. E pochi lo hanno collegato alla bambina della stessa età che si è gettata dal balcone perché non riusciva a sopportare oltre il bullismo di cui era vittima a causa della sua forma. Ma in realtà sono le due facce di una stessa medaglia: continuiamo a trattare i bambini da adulti anche quando si parla di obesità, facendone dei malati invece che delle persone felici. Entrambi i bimbi venivano considerati malati da chi avevano intorno, ma lo erano?

Quando un bambino dovrebbe iniziare ad odiare il proprio corpo? Quando dovrebbe iniziare la sua prima dieta? O quando a pesarsi ogni giorno? Quando una bambina, per esempio, dovrebbe iniziare a contare le calorie di quello che mangia? Quando dovrebbe iniziare ad attribuire tutti i propri problemi alla forma del proprio corpo? O quando iniziare a desiderare di essere nel corpo di qualcuno anziché nel proprio?

A queste domande esiste una qualsiasi risposta sensata diversa da "mai"? Io non credo. Come adulti, che magari conoscono HAES o questo blog, che sono dotati di senso critico, abbiamo noi tutti la possibilità di reagire alla discriminazione, di far sì che smetta di incidere sulle nostre scelte, sulla forma del nostro corpo, sui nostri desideri. Ma i bambini?

Mentre scrivo e rifletto sulla mia esperienza in una famiglia che mi ha amato profondamente e che - erano altri tempi - non ha potuto avere strumenti diversi dalla repressione per tentare di arginare il mio appetito vorace, con l'inevitabile conseguenza di perdere completamente il controllo sulla faccenda, mentre leggo le cronache quotidiane di intere famiglie alle prese con l'obesità dipinta dalla televisione, dalla pubblicità e dal megabusiness del dietismo, mi chiedo quanto ancora dovremo andare avanti prima di interrogarci sul linguaggio che viene utilizzato oggi per descrivere cicci e cicce, quanto prima di capire la gravità con cui la discriminazione entra nella formazione di una persona giovane, quanto l'ostracismo dentro e fuori dalla famiglia possa portare ad odiare se stessi. Quando una class action contro l'industria delle diete?

Mi chiedo insomma quanto dovremo attendere prima di pensare che la felicità è l'antidoto, che la ciccia non è una malattia, che la repressione e la privazione producono solo danni... Quanto ci vorrà prima che tutto questo venga insegnato nelle scuole e diffuso alle famiglie? Oggi non si va oltre il parlare di una "sana alimentazione", quando inizieremo a parlare dei diritti dei bambini? E voi? Che ne pensate? E che strategie avete immaginato per far sì che i vostri figli non perdano la capacità naturale di ascoltare il proprio corpo e misurare il proprio appetito? Cosa sperate per loro?
(fonte immagine)

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