
La privazione alimentare protratta per lunghi periodi può portare con sé un disastro che può durare una vita intera: i disordini alimentari, l'incapacità cioè di bilanciare necessità nutritive e alimentazione.
Cynthia Bulik, direttrice del Centro di eccellenza Carolina per il trattamento dei disturbi alimentari (CEED), è una psichiatra che detiene la prima cattedra universitaria dedicata in Australia ai problemi dell'alimentazione, di cui si occupa dal 1982. Per Bulik le cose sono chiare: il dietismo appartiene ad un passato pericoloso.
"Se per il 2014 qualcuno ha fatto risoluzioni dietistiche - spiega - chiedo loro invece di spingersi ad essere più attivi e con costanza, di sostituire le bevande gassate con l'acqua. Il proposito di perdere peso è l'anticamera del fallimento".
Un'altra ricercatrice dello stesso istituto, Cristin Runfola, sottolinea come non tutti coloro che si mettono a dieta finiranno con sviluppare un disordine alimentare, ma il dietismo è uno dei maggiori fattori di rischio per questa patologia.
"Le diete estreme - spiega - non funzionano mai. Il fallimento di questo genere di dieta si traduce in un disappunto per l'individuo, specialmente se la dieta è collegata alla propria stima di sé. Il dietismo spinto al massimo può mettere a rischio e produrre problemi fisici e psicologici".
Quando si parla di disturbo alimentare, si parla di binge eating o alimentazione compulsiva, di anoressia nervosa o un insieme di problematiche legate ad un rapporto squilibrato con la nutrizione e l'alimentazione. "Questo insieme di disturbi - continuano gli scienziati del CEED - è collegato a comportamenti e sintomi dannosi per la salute che si verificano in modo orizzontale in tutta la società ma che spesso non vengono diagnosticati".
Questo genere di disturbo, spiegano, può portare a patologie vere e proprie. Quando la privazione alimentare viene usata come strumento dietologico, le risposte biologiche e psicologiche possono portare all'alimentazione compulsiva, che di fatto cancella i segnali con cui l'organismo segnala di essere sazio, o al contrario potrebbe spingere verso l'anoressia.
Al CEED spiegano che lo sviluppo di un disturbo di questo tipo può avere molte diverse cause, biologiche, psicologiche e sociali, e anche "ambientali". "Venire presi in giro da piccoli - sottolinea Runfola - il bullismo sul peso, le grandi porzioni di cibo ricche di zuccheri e i cibi ad alto contenuto di grassi... Tutto svolte un ruolo. L'enfasi sociale sulla magrezza estrema può spingere le donne e gli uomini a credere che sia realistico tentare di rendere i propri corpi come quelli di modelli ritoccati con Photoshop".
Secondo Runfola in questo senso i media giocano un ruolo fondamentale, mettendo in prima linea donne magrissime e uomini ipermascolini, associando entrambi ad immagini di successo, potere, sesso e felicità. "La gente - sottolinea - può spingersi a fare qualsiasi cosa per tentare di rientrare nell'idea sociale di bellezza e ottenere così il successo e l'attenzione che desidera".
Di interesse anche il fatto che il disturbo alimentare raramente si presenta all'improvviso. E' un processo lento. "Spesso - spiega Runfola - le persone possono sperimentare un periodo anche prolungato di sintomi sporadici che poi diventano una vera e propria sindrome clinica".
Che fare dunque quando la propria forma non soddisfa? Non pensare a dimagrire, dicono Runfola e Bulik, quanto invece buttarsi in qualcosa di nuovo che non abbia nulla a che vedere col cibo: apprendere qualche nuovo skill, andare a ballare, compensare se stessi con attività che non riguardino l'alimentazione o le diete. "Provare a fare cose che magari non si era mai sognato di fare - dice Bulik - Anche se non ci convincono, fare dei tentativi, e poi provare cose diverse. Cercare nuovi modi ed esperienze è un modo incredibilmente sano di crescere come individui". Suona molto HAES vero?
(fonte immagine)
Nessun commento:
Posta un commento