mercoledì 5 febbraio 2014

Il nostro corpo non è una macchina

E quindi vai con freni da tirare, cinghie da stringere, energia da bruciare, zavorre da perdere. Non siamo macchine. Ma farlo credere serve a vendere di tutto



Sarà sempre troppo tardi quando capiremo perché il nostro corpo non è una macchina. Non è solo infinitamente più complesso, è anche un organismo che cambia ogni giorno, il cui stato generale e particolare, il cui umore e benessere sono condizionati da una infinità di fattori passati e presenti, e non dalla mancanza d'olio negli ingranaggi.

Dovrebbe essere ovvio, eppure questa dannosissima analogia è tanto radicata nella nostra cultura che quando parliamo di obesità ecco che si finisce per parlare di carburante, energia, freni da tirare, cinghie da stringere, zavorre da perdere. Non so se è anche colpa della fantascienza, ma certo è una delle conseguenze più nefaste della semplificazione linguistica. Un medico, l'altro giorno, persona che stimo, non è riuscito a parlarmi di circolazione senza tirare in ballo l'idraulica; o ero io che non ci arrivavo o forse lui ha indugiato ancora una volta nella solita allegoria esplicativa, tanto comoda quanto fuorviante. Persino io, che medico non sono, saprei citare almeno un pugno di differenze sostanziali tra una vena e un tubo. La verità è che una macchina assomiglia ad un umano molto meno di quanto gli assomigli, chessò, una giraffa.

Basta girare su qualche sito che propaganda questa o quella dieta per rendersi conto di quanto ancora il corpo umano sia considerato, appunto, una macchina. Infatti non si parla quasi mai, se non incidentalmente, di salute, argomento troppo complesso per essere infilato in un claim pubblicitario. Si parla invece di riduzione delle dimensioni e del peso, che importa se le dimensioni hanno poco a che fare con il grasso nel motore e molto con la famiglia, la discriminazione e l'odio, l'identità? E quindi vai col liscio: si ripetono slogan alla 7chiliin7giorni, per chi ricorda il film, via via aggiornati con dai 2ai5 cm di grasso in 7 giorni fino a una taglia ogni due settimane.

Chiunque abbia sofferto per la propria forma, vuoi perché ostracizzato o preso in giro da piccolo e da grande, vuoi perché licenziato o semplicemente impossibilitato a trovare vestiti adatti in un negozio, non può che essere attirato da questi magnifici spot, tanto geniali nel solleticare la sofferenza quanto inutili e dannosi negli effetti. Non si propone la salute, che richiede armonia, gioia e volersi bene, si propone di perdere peso, che richiede sacrificio, depressione e sentirsi uno schifo.

Io non so perché siamo ancora qui nel 2014 e in Italia a dover sottolineare che quando si parla di obesità non si può parlare di peso, si deve parlare di identità e di discriminazione, non so perché ancora rifiutiamo di vedere la complessità accontentandoci di luoghi comuni commercializzati da un'industria miliardiaria e dal suo indotto. Quello che so è che il nostro corpo non è una macchina e dovremmo iniziare a reagire contro chi vuole farci credere il contrario per venderci qualcosa.
(fonte immagine)

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