mercoledì 5 marzo 2014

Si fa presto a dire esercizio fisico

A te non piace fare esercizio fisico? Bene, nessuno ti può giudicare per questo. Sei ciccio? Ciccia? La nostra storia ci dice molto, e spesso definisce ciò che vogliamo



Ce l'abbiamo tutti sulla testa, come una grossa spada appesa ad un filo, anche se non ci chiamiamo Damocle. E' parte della psicosi collettiva sull'obesità. Pende sulla testa di tutti i cicci, che lo vogliano o meno. E', rullo di tamburi, l'esercizio fisico.

Prima di perderci in questo budello psicotropico in cui si mescolano bullismo e diritti, lasciatemi dire che non siamo qui ad esaltare il movimento fisico. Ognuno di noi conduce la propria vita come meglio crede, se c'è chi fa esercizio fisico ci sarà anche sicuramente chi non lo fa. Le ragioni per cui questo accade sono, in un caso e nell'altro, del tutto personali e insondabili. C'è gente a cui non piace farlo. Giudicare qualcuno per questo è, tanto per cambiare, una inaccettabile semplificazione della complessità identitaria. Ma perché questa premessa? Perché se è vero che c'è a chi non piace muoversi, c'è anche chi invece vorrebbe, ma le proprie esperienze sono tali da tenerlo o tenerla lontano dall'attività.

Basta parlare con le persone per scoprire che c'è chi non fa movimento perché a scuola veniva preso/a in giro in quanto non "performante", o perché preso/a di mira da istruttori incapaci in palestra, e dio solo sa quanti sono, o magari semplicemente perché ci sono cicci così abituati ad avere un corpo ritenuto "inadatto" all'esercizio che neppure ci provano. Molti crescono con questi condizionamenti e se è il vostro caso, cari cicci miei, non siete soli, ci siamo passati in tanti. Ciò non toglie, anzi conferma, che si tratta di forme di discriminazione che possiamo scegliere di lasciarci alle spalle.

Scrive una straordinaria blogger americana, Leah Bee, su questo tema: "Non sono mai stata una ragazzina molto attiva. Amavo leggere, giocare con i dinosauri di plastica, cercare salamandre nel bosco. Odiavo l'educazione fisica a scuola. Non mi piacevano gli sport. Non mi piacevano le camminate nel bosco o lo sci di fondo, le attività preferite dei miei genitori. Una volta giunta alla pubertà il mio corpo divenne soffice e ciccioso e il mio gelo verso l'attività fisica non era più soltanto un tratto della personalità, improvvisamente divenne un difetto. Un indicatore della mia pigrizia e del mio atteggiamento sbagliato o, almeno, così i miei genitori interpretavano le mie proteste. Capii rapidamente che venivo forzata a fare le passeggiate perché ero grassa. Mia madre mi incoraggiava ad andare con lei in palestra. E io mi sentivo fuori posto, imbarazzata. La mia presenza in questo spazio adulto un po' scuro, pauroso e puzzolente lo vivevo come una punizione per essere una ragazza grassa e pigra".

Un amico a cui non piace fare esercizio fisico quando vede qualcuno che corre in un parco o guarda me che faccio attività fa spesso la battuta: "hai paura di morire". Già, perché il movimento fisico non permetterà a nessuno di diventare un essere immortale né impedirà, diononvoglia, di venir fatalmente azzannato da un vorace squalo bianco sotto uno splendido sole d'agosto. Il punto, cioè, è che ci sono molte cose che possiamo o non possiamo fare nella nostra vita che hanno un impatto sulla nostra salute. Ma nessuno può imporre ad un altro un comportamento, né un paese può imporre ai suoi cittadini di perseguire comportamenti "salutistici". Se lo facesse, infatti, ci si dovrebbe scontrare con tante altre cose: diritto alle ore di sonno, tipologia di cibo a disposizione, di bevande, di passatempi, con imposizioni sul numero di ore passato a fare questo o quello. Una società totalitaristica, insomma, che pur spaventosa e raggelante pare rimanga la segreta aspirazione dei bulli della magrezza. La normalizzazione che tanto attira i profeti del salutismo ossessivo non può essere che un'aspirazione utopica ad una società di uguali, cioè di una società destinata ad arrotolarsi su se stessa e morire.

Tornando a noi. Un modo per lasciarsi alle spalle le esperienze che furono è dirsi quello che l'esercizio non è e non fa. I bulli di cui sopra, sostenuti da mandrie di disinformati e da un business succulento che ci campa sopra, hanno sempre detto che fare esercizio fa dimagrire. E anche se la ricerca non ha prodotto alcuna dimostrazione di ciò, le palestre di mezzo mondo sono piene di cicci - quelli che non si vergognano - che passano ore a fare attività ripetitive nel tentativo di perdere chili. Quando non li perdono, naturalmente, intervengono i missionari del dietismo, spiegando che oltre a giocarsi la vita su un'ellittica è anche necessario privarsi delle calorie, dei grassi, del sorriso e del buonumore. Come insegna HAES se l'obiettivo è perdere peso e non è invece guadagnare in salute, passare vite intere su un tapis roullant potrebbe rivelarsi deludente.

Scrive ancora Leah: "All'epoca del college cambiò tutto grazie ad una fantastica istruttrice di Aerobica. Presi a fare palestra, cardiofitness, aerobica e vari altri generi di esercizi. Nel giro di due anni avevo iniziato a passare fino a due ore al giorno in palestra, e avevo perso tantissimo peso. Non che fossi soddisfatta di quei cambiamenti, ma mi sentivo sulla buona strada. La moderazione non era certo il mio mantra. Poi, quando ho iniziato a lavorare, non ho più avuto quelle ore ogni giorno per l'attività fisica". A quel punto sono cambiati anche gli istruttori nella sua palestra, e quindi anche quel poco che faceva ha smesso di essere piacevole. Tre anni dopo "sono più pesante di quanto sia mai stata nella mia vita. Per la maggiorparte del 2013 sono stata sedentaria. Ho avuto vari tentativi di tornare in palestra. Ma ogni volta capitava qualcosa, come un istruttore che mi si avvicinava mentre faticavo sull'ellittica per dirmi cose come Brava, stai facendo i primi passi verso una migliore te stessa o cavolate come questa. Volevo dar loro un pugno, tutte le volte che lo dicevano. Io sono già una migliore me stessa. Ho degli interessi, ho degli amici. Ho una vita. Ma magari poi peggioravano la cosa cercando di farmi abbonare per avere sessioni di personal training perché chi è all'inizio ha sempre bisogno di qualcuno che mostri come fare le cose per bene. Io all'inizio? Ma scherziamo?"

Come dice Regan Chastain, celebre teorica HAES, la ricerca non ci spiega come dimagrire consumando le suole su un tapis roullant, ci parla invece di moderazione, la qualità che mancava a Leah. Ci dice, infatti, che fare ogni giorno più o meno una mezz'ora di attività moderata è un consiglio utile a tutti, perché tende ad aver un effetto benefico sulla propria salute.

Riassumendo: nel tentativo di riappacificarci con l'esercizio fisico, se questo è ciò che si vuole, magari per iniziare un percorso HAES, possiamo smetterla di pensarci come "atleti mancati" e fissare obiettivi realistici, prima di tutto piacevoli. Andare per tentativi, esplorare le diverse possibilità di fare attività e vedere quali ci sembrano più gradevoli, scoprendo come reagisce il nostro organismo. Soprattutto, e questo è probabilmente lo scoglio più duro, è necessario puntare alla salute e non al dimagrimento. In ambito HAES, come sa chi segue questo blog, perdere peso può essere un "effetto collaterale" di una ritrovata gaiezza dell'esistenza, ma se diventa quello l'obiettivo primario si rientra nel circolo vizioso del dietismo. E, in quel caso, non c'è attività che tenga, la tragedia, la depressione e il fallimento sono dietro l'angolo.

(fonte foto)

Nessun commento:

Posta un commento