martedì 13 aprile 2010

Obeso, una parola che fa ingrassare


Piccola ma forse rilevante segnalazione sull'innovazione linguistica britannica. Alcuni educatori parrebbero infatti intenzionati a cancellare il termine obeso quando ci si riferisce a bambini.

L'idea di alcuni parlamentari alle prese con l'aumento della popolazione di importanti dimensioni è che definire obesi i giovani possa innescare dei fenomeni controproducenti. Dichiara il deputato Jeff Dunn: "Non bisogna usare la parola obeso. Piuttosto usiamo peso non salutare. Se chiamiamo "obesi" i ragazzini potremmo causare dei contraccolpi psicologici".

Credo sia apprezzabile la ricerca di terminologie non-discriminatorie in sé, trovo però la proposta britannica decisamente superficiale. Essere diversi non è discriminante in sé, anzi la diversità è una ricchezza per tutti, ciò che porta alla discriminazione è la reazione che si ha verso questa diversità. Che il bambino ciccione sia diverso dagli altri bambini si rende evidente al di là del termine usato per descriverlo, né credo che gli debba essere nascosta la sua diversità. La vera sfida, cioè, non è solo capire che l'insulto porta esattamente dalla parte opposta di dove si vorrebbe andare ma anche che soltanto apprendere la ricchezza della diversità può portare ad una maggiore serenità e, dunque, ad una più ampia possibilità di determinare il corso della propria esistenza.

Dubito che un bambino subirebbe "contraccolpi psicologici" se al termine obeso non fosse associata l'intenzione di offendere. Ai bambini non viene insegnato il rispetto della diversità perché i molti adulti che li circondano per primi non sanno di cosa si tratti. Insegnanti e, spesso, persino genitori. Il fronte è questo, gli aspetti clinici sono la seconda linea. Quando lo impareremo?

(fonte immagine)

2 commenti:

  1. Gli aspetti clinici sono in seconda linea ok. Non bisogna discrinare nessuno, in generale, perché è "differente" da come crediamo debba essere, ok. In famiglia abbiamo due zii oltrepeso "normale".Ho chiesto a mio figlio di 9 anni cosa prova quando vede un coetaneo o una qualsiasi persona che abbia un "contorno" di ciccetta in più. La risposta è glaciale, come solo i bambini sanno fare:- Beh, un po' mi da fastidio-. Gli ho chiesto perché e ha dato una risposta "fredda":-Perché sta male-
    Atroce. Gli ho spiegato che non ci si può arrabbiare con qualcuno perché sta male, ma anzi è proprio lì che bisogna volersi bene. Qualche riflessione però me l'ha suscitata, non è che incosciamente ci si arrabbia con l'obeso perché sappiamo che potrebbe fare molto per non esserlo? La butto lì, ma mi domando se sotto sotto non ci sia la pretesa che tutti possano riuscire a fare tutto. Insomma è un po' confuso il discorso ma provo a tirare fuori, augurandomi le cose cambino e si riesca ad invertire una tendenza che bene non fa a nessuno.

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  2. @anonimo
    Grazie per il commento, lo trovo molto stimolante.

    A pelle ho sempre creduto che, se non per tutti, per molti l'offendere o l'escludere o in qualsiasi modo emarginare il ciccione fossero azioni condite da opinioni inespresse ma molto ben radicate.

    Non so se questo si deve alla superficialità con cui molti ritengono che un obeso possa cambiare la propria condizione, ma è certo deprimente pensare che persino un bambino trovi fastidio nell'avere a che fare con un obeso, tanto più per un motivo del genere ("sta male"). Succede a lui e succede nell'esperienza di molti, sebbene non vi siano studi sull'argomento di cui sia al corrente :(

    Purtroppo i nostri ragazzi sono circondati da stimoli, soprattutto televisivi, che disegnano realtà inesistenti e che con grande leggerezza trasmettono proprio alle menti più plasmabili l'odio di cui si pasciono, spesso funzionale all'audience o all'innesco di un meccanismo di peer pressure utile alla fidelizzazione del pubblico (in sintesi tutti contro uno rafforza il "tutti" e per l'"uno" chissenefrega ;)

    Con questo non voglio dire di avere certezze, se non quella che la battaglia è dura, durissima e che il lavoro da fare è tanto, tantissimo.

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