martedì 14 gennaio 2014

Spot e cicciosità. Dove siamo?



"Non so se te ne sei accorto ma qui negli Stati Uniti tra modelle curvy e political correct la pubblicità sempre più spesso ha per protagonisti donne e uomini di peso, ciccioni come diresti tu. Secondo me c'è una normalizzazione in corso (considera che qui due persone su tre sono sovrappeso, e una su tre è obesa). Anche in Italia?"

Sarebbe fantastico poter in poche righe riassumere l'universo mondo della pubblicità italiota alle prese con la cicciosità. E questo perché gli spot, sebbene siano ingannatori nella loro natura più profonda, rappresentano una sofisticata forma di comunicazione che cerca appigli nella socialità e nell'immaginario collettivo per avere successo e ne sono quindi un possibile termometro. Di questo parlavo in chat con un mio amico che da lungo tempo vive negli States, e ho cercato di dargli rapidamente qualche esempio certamente non esaustivo pur non essendo io un utente televisivo. E osservando che, oggi, in Italia mi sembra che si giochi soprattutto sulla sostanziale confusione che permea la nostra società anche quando si parla di obesità, dove messaggi contraddittori e stereotipi rincorrono criteri pseudo-buonistici in modo a volte persino triviale.

Chi non ricorda lo spot Ricola del 2010 diffuso anche da noi? Al protagonista obeso venivano affiancati altri personaggi decisamente non magri in un contesto anti-urbano, dove si puntava sulla "naturale simpatia" di un obeso seminudo per conferire allegria al prodotto reclamizzato. Questa "simpatia" è stata ampiamente utilizzata nella pubblicità anche in passato, ma è anche un segno di quanto siano scolpiti certi stereotipi nell'immaginario collettivo. D'altra parte se uno è obeso deve almeno essere anche simpatico no?

In questo senso, considerando l'altra faccia della medaglia, è interessante quanto successo mediatico abbia avuto un altro spot, una serie di manifesti in realtà, con cui concessionarie di spazi pubblicitari stradali in USA e Europa fingevano di tentare gli inserzionisti: un ciccione si andava spogliando sempre più, manifesto dopo manifesto, e agli inserzionisti veniva chiesto di porre rimedio prima che lo strip tease si concludsse in un nudo plateale. Naturalmente l'ultimo cartello, prima che anche gli slip volassero via, era quello del vero inserzionista per cui era stata fatta la campagna. In questo caso, quindi, si è giocato sull'avversione sociale per le forme dell'obeso, tanto più insopportabili quanto più visibili: nessun problema col nudo femminile e maschile negli spot, si sa, ma se il nudo è un ciccione le cose cambiano.



Le cose infatti non filano lisce neanche quando i protagonisti cicciosi degli spot sono donne, come dimostra la controversa campagna di Maya, criticata da molti italiani sia per la posizione dell'opulenta e felice donna che imbraccia una bilancia, sia per il messaggio, forse non del tutto compreso. In questo senso i pubblicitari hanno probabilmente centrato l'obiettivo proprio puntando sulla confusione creata ad arte: se n'è parlato a lungo e il dibattito è arrivato anche in sedi istituzionali, generando ulteriore pubblicità. La lettura spesso totalmente opposta dello spot dimostra forse più di altre occasioni quanto in Italia si sia impreparati anche solo a vedere le forme cicciose femminili, che finiscono per essere scandalose in sé e al di là di qualsiasi altra considerazione.

Un altro spot che ha fatto un certo rumore è quello di un fertilizzante che ha per protagonista un obeso nudo, "protetto" molto succintamente solo dal posizionamento strategico di alcune foglie. Lo spot è inserito in un contesto parzialmente bucolico ed è girato con una ironia così leggera da aver fatto breccia nei cuori degli utenti YouTube che lo hanno commentato senza mostrare quell'avversione alla nudità cicciosa avvistata in altri casi. Anche qui, però, non manca in rete chi lo abbia duramente criticato e anche tra i media chi proprio non lo abbia capito. Il motivo della confusione sembra risiedere proprio nello "spiattellamento" della nudità obesa sullo schermo, considerata "oscena" o "inutile", e che è invece una estremizzazione utilissima anche a comprendere la reale estensione dell'odio antiobeso.

Quelli citati evidentemente non sono che alcuni degli spot e delle pubblicità in circolazione che hanno per protagonisti uomini e donne di importanti dimensioni e spero di non essermi perso qualcosa di dirimente (nel caso, scrivetelo nei commenti qui sotto). Ma penso sia abbastanza evidente qual è attualmente il "caos" della percezione sociale della cicciosità nel quale galleggiamo, forse una evoluzione rispetto al killeraggio tout-court in voga fino a qualche anno fa, ma anche un segnale della lunga, lunghissima strada da fare. A meno che, come qualcuno mi scriveva l'altro giorno su Twitter, non si ritenga che pubblicità e moda non abbiano nulla a che vedere con l'immagine di sé e con i disastri sociali, cioè individuali, che portano odio e discriminazione per le diverse forme dell'umanità.

2 commenti:

  1. Ti sei dimenticato Bauli

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  2. Eh sì hai ragione. Di Bauli ricordo da sempre la presenza di un uomo grosso, se non proprio ciccione, negli spot natalizi. In quel caso direi che il ciccione serve a "far famiglia" che sotto Natale è un messaggio comune. Quindi potremmo aggiungere questa "qualità" alla presenza del ciccione (che è anche garante in qualche modo del cibo, del fatto che si mangia..).
    Mi fai venire in mente anche la vechia pubblicità dei Krumiri Bistefani ("chi sono io? babbo natale?"), però in quel caso forse la dimensionalità era legata più direttamente alla tradizione opulenta di Babbo Natale appunto.

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